RAFFAELE PELLIZZARI.

RAFFAELE PELLIZZARI

Raffaele Pellizzari
La stanza sospesa
7 ottobre 2017
Ore 17 Convento di Santa Maria in Valle
Cividale del Friuli (UD)
AUXILIA FOUNDATION

Prefazione
Arte e Musica
Le arti hanno la caratteristica di offrire visioni nuove del nostro mondo interno/esterno. Essere ben disposti nei confronti del sonoro e del visivo e, allo stesso tempo, trovare l’apertura di liberarsi da stilemi del non mi piace perché non lo capisco, o ancor meglio, non lo decodifico, dando così libero sfogo all’accettazione di assimilare le vibrazioni insite in questi mondi, ci porterà inevitabilmente ad accrescere la nostra sensibilità estetica, per l’arte, come ad accogliere la dimensione del sonoro, per la musica, richiamando la vita emotiva primaria. Entrambe le arti ci consentono di accedere a nuove dimensioni inconsce altrimenti inesplorabili. Sia nella musica che nell’arte c’è bisogno di ritmo, intonazione, armonia e buon gusto. Queste manifestazioni sono la più alta espressione umana della creatività e immaginazione. Creare è l’unico momento che permette all’uomo di esteriorizzare la propria interiorità per sentirsi finalmente libero. La mostra retrospettiva del Maestro rodigino Raffaele Pellizzari, merita una prefazione di rispetto, perciò la scelta è caduta sull’evento sonoro riservato al bagno di Gong. L’intervento musicale verrà eseguito dai musico-terapisti Lucia e Giovanni che saranno ben lieti, a fine evento, di spiegare, a chi interessato, le particolarità di questo tipo di musicoterapia. Il bagno di Gong è il suono dell’universo per mezzo del quale si compie la produzione di vibrazioni dello spazio. E’ il suono creativo di base. Esso ci aiuterà a ritrovare noi stessi favorendo uno stato di pace interiore profonda e ci aprirà ad una meditazione sulla vita.

Ottenuta questa sorta di catarsi saremo tutti inclini ad accettare apertamente qualsiasi linguaggio e disporremo dei mezzi per forzare le serrature per addentrarci a pieno nell’intimità dell’incantevole produzione artistica del Maestro Pellizzari.

Raffaele Pellizzari

Essere coinvolta e conseguentemente promotrice della “fine corsa”, per intraprendere un nuovo folgorante inizio, della strepitosa carriera del Maestro Pellizzari, mi carica d’incontenibile energia positiva.
Perché di energia è fatta l’opera di Pellizzari, essa sia pittura, fotografia o incisione.
Artista poliedrico formatosi 45 anni fa presso la prestigiosa Accademia delle Belle Arti di Venezia. Qui acquisisce i rudimenti dell’arte del tempo, approfondisce la conoscenza delle correnti dell’avanguardia del ‘900 e rivolge la sua attenzione in particolare nei confronti delle correnti artistiche quali: dadaismo, cubismo analitico, costruttivismo, metafisica e surrealismo, senza rinnegare però il passato come ad esempio le architetture e ambientazioni sorprendenti di Piero della Francesca.
Queste prime sperimentazioni legate al passato rimangono ben radicate in Pellizzari, ma saranno esclusivamente e solo la nota iniziale della sua sperimentazione nel campo della personale creazione artistica.
Raffaele è artista maturo, completo e, la sua cifra espressiva oramai, è riconoscibile e cosa solo sua. Molti artisti di oggi, presi dalla frenesia del fare e del produrre, per rincorrere i ritmi insostenibili della nostra società, hanno dimenticato il passaggio più importante della dinamica del fare “buona arte”. Per buona arte intendo la cura del bello, lo studio delle armonie all’interno della struttura artistica, l’accurata ricerca della vibrazione del colore, i dettami accademici del buon gusto, la pulizia del segno, tutti questi sono gli elementi fondamentali che creano l’equilibrio nello svolgimento della storia insita del quadro.

Le opere di Pellizzari contengono e conservano questo “sapere”, perché saper fare buona arte non è cosa da tutti. Per essere dei grandi artisti bisogna congiungere talento, esercizio e conoscenza, elementi questi che al nostro autore di certo non mancano.
Cerchiamo ora però di “decostruire” il suo fare e tentiamo di addentrarci in ciò che lui generosamente ci mostra invitandoci, come i più graditi ospiti, nel cuore del suo intimo dialogo con l’arte.
La prima emozione avvertita, pellegrinando nella galleria di Pellizzari, è stata la forza del colore.  Verdi brillanti, azzurri/blu intensi intervallati e rinvigoriti dai colori tenui delle terre con qualche inserimento meditato di rossi e arancioni, costituiscono la personale e inimitabile tavolozza del maestro.
Il colore si accende di vibrazione e “eccita” la voglia di conoscenza, attiva la necessità di procedere nel racconto, per immergersi timidamente nel dialogo che si sta formando tra artista e fruitore.
Il fraseggio inizia a prender forma e pennellata dopo pennellata gli stessi colori sono incanalati in forme che vanno costruendosi piano piano, e che nel loro formarsi, subiscono le variazioni del divenire creativo.
In primo piano, nella maggior parte della produzione con elementi antropici, vengono collocate siluette, per lo più femminili, vivificate da sguardi misteriosi, invitanti e penetranti; gli occhi, seppur piccoli davanti alle carni generose e armoniose, catturano inevitabilmente la nostra attenzione, ed ecco l’attacco, l’inizio del dialogo tra fruitore e artista.
L’ambientazione metafisica, immota, sorretta da quegli “accidenti” di cui parla lo storico dell’arte Mario Sartor, si fa sempre più densa di dettagli e, basta guardare oltre le figure, per trovare un mondo costruito ed equilibrato, fatto da architetture talvolta rotondeggianti, unioni geometriche e l’intervento talvolta della sezione aurea.

Vivisezionando l’opera d’arte riveleremo tanti particolari preziosissimi per la decodifica dell’insieme, nulla è stato inserito per caso, tutto segue un preciso piano rivolto all’armonia, yin yang e la filosofia del cerchio, seguendo il naturale ciclo della vita e delle cose.
Rassicurati così dall’ambiente accogliente, che inevitabilmente parlerà anche del nostro vissuto, ora abbiamo la capacità di spingerci come “viaggiatori” all’interno delle stanze sospese del maestro Pellizzari. Le scenografie create e nate da esperienze di vita vissuta sono le stanze della memoria dell’autore.
Raffaele ha tanto da raccontare e quando questo suo aprirsi nell’atto creativo sfocia nell’incontenibile necessità di dialogare, non basta più una tela, fioriscono così ì dittici e trittici che mantengono alto il dialogo e dove ogni quadro porterà con sé l’impronta o punto d’unione con il precedente, innescando ancora una volta la “filosofia del cerchio”.  Germogliano pagine di storia dall’ampio respiro, diari di bordo colmi di contenuti da spartire con tutti, la nostra storia ci accomuna.
Brillerà, in ogni opera della ricca galleria, un punto d’incontro che risveglierà le nostre più intime emozioni.
Presumibilmente l’intento è quello di ridestare i nostri sogni e in generale avere una maggiore comprensione di noi stessi.
Così con il suo dualismo espresso e tutti gli elementi sottesi la sensazione è quella di far parte di un tutto. Quel tutto che è stato intrappolato e umilmente fissato nelle tele crea l’accoglienza e la libertà di dialogo tra arte e l’uomo.

Raffaella Ferrari


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