PIERO MODA

PIERO MODA

Biografia

Piero Moda nasce a Rovigo nel 1949. Da giovane frequenta lo studio del maestro scultore Zancanaro. Le sue prime opere risalgono all’età di dodici anni e il suo viaggio nel mondo dell’arte spazia inizialmente  dall’impressionismo ai grandi movimenti artistici del ‘900.

Attivista a livello socio culturale del movimento sviluppatosi nel “sessantotto” si trova in prima persona a vivere le grandi battaglie sociali. Proprio in questo periodo Moda si trasferisce a Roma ed entra in contatto con le correnti artistiche Romane conoscendo e frequentando artisti come: Schifano, Angeli, Festa e lavorando poi a stretto contatto con Renato Guttuso. Da qui inizia un percorso di vigorosa attività di studio.

A Roma incontra e viene stimato da Giulio Carlo Argan.

Dagli anni ‘70 Moda riprende in mano tutto il bagaglio di conoscenze maturato fino ad allora e va rivolgendo in particolar modo l’interesse verso la sperimentazione e la ricerca che lo porteranno sì verso l’informale, ma tendenzialmente lo manterranno gelosamente attaccato anche alla conoscenza e apprezzamento nei confronti dell’arte figurativa. Da qui si evolvono e prendono forma vari cicli pittorici legati alla figura umana, a Venezia, collage e fotografia, paesaggi vissuti sia informalmente che figurativamente, in cui racconta e traduce narrando il suo racconto di vita. Cronografia e tragicommedia protratte ad esprimere tenacemente tutte le sue riflessioni esistenziali ed equilibratamente fuse passo passo in linguaggi pittorici che spaziano da olio a collage alla fotografia.

All’età di 50 anni si laurea presso l’Accademia delle Belle Arti di Venezia, dopo un ciclo di studi durato sette anni tra Passariano e Venezia.

Frequenta i tre anni più due del corso di pittura tenuto dal maestro Eugenio Comencini con il quale instaura un rapporto di immensa stima e collaborazione reciproca.

La scelta di Piero di seguire questi studi mosse dopo un lungo periodo di meditazione dedicato alla pittura e, conscio di avere un bagaglio culturale artistico veramente ricco, decide di iscriversi all’Accademia per un esigenza personale di inserire e arricchire il suo percorso artistico con nozioni e metodologia che solo l’Accademia mette a disposizione, pur rimanendo completamente inviolato dagli insegnamenti di stile tipici della scuola e comprovato dal fatto che la sua cifra espressiva era già marcatamente delineata e matura.

Incessanti sono tuttora le collaborazioni di Moda con Gallerie d’Arte e partecipazioni a mostre collettive e personali in Italia e all’estero (Germania, Australia, Francia, Montecarlo, Slovenia) raggiungendo sempre i favori e gli apprezzamenti della critica e dei fruitori. Hanno scritto di lui numerosi critici di peso nazionale come: Giulio Carlo Argan, Paolo Rizzi, Eugenio Comencini, Angioletta Masiero, Francesco Amato, Carlo Milic,etc…

 

Per afferrare e addentrarsi nell’opera ricchissima e articolata di Piero Moda bisogna percorrere la strada dei grafismi, della materia, del colore e del segno perché di questo è fatta la sua arte ed è su questo che l’artista s’è sempre concentrato lungo il cammino che lo ha accompagnato ormai da più di cinquanta anni.

Per arrivare a tale raffinazione delle immagini Moda ha interiorizzato varie correnti artistiche e, una volta “digerite”, ha trattenuto stilemi e manifestazioni che potessero entrare in perfetta sintonia con ciò che lui intendeva trasmettere ai fruitori affinché esse stesse divenissero pure chiaro dialogo con il suo ego più intimo.

Gli artisti dell’espressionismo come Schiele e Kokoshka elargiscono a Moda intensità espressiva, introspezione psicologica, le cui figure inserite in spazi appositamente studiati, diventano una specie di vuoto atto a rappresentare la tragica dimensione esistenziale dell’uomo. Il colore acquista così un valore autonomo, steso a mezzo di una pittura concitata e nervosa senza perdere mai in pastosità e matericità dove i segni bianchi vengono scavati dentro il colore, questo gesto simbolico va a sottolineare ancor più il distacco dalle regole accademiche facendo trionfare la libertà personale dell’autore. Ed è proprio il colore che costruisce l’immagine in un rapporto diretto con la gestualità del pittore. Il colore non solo prende una fisicità materica ma ha una astrazione dal reale che gli consente di “evocare” atmosfere con grande forza comunicativa.

La grande commozione di Moda è pienamente visibile nelle opere grazie ad un’accurata scelta dei colori come: l’ocra, i rossi, gli azzurri e i neri, l’uso della spatola, dei grafismi e l’azione dell’atto pittorico suggeriscono, soprattutto nei quadri informali, un attento e intimo legame con lo stile e la liricità dell’opera di Afro Libio Basaldella, in particolare riconducendoci al periodo degli ultimi anni 60 come: “Macchia delle Serpi” (1968). (Afro Libio Basaldella (19121976) è stato un pittore italiano, considerato un importante esponente dell’astrattismo italiano, appartenne alla Scuola Romana, la stessa di Giorgio De Chirico e Renato Guttuso).

Afro rappresenta il punto più alto del rinnovamento nell’alveo della grande tradizione pittorica: nessuno come lui ha saputo cogliere all’interno dei codici espressivi della Modernità quegli elementi che collegavano il nuovo alla memoria, e alla memoria classica della pittura italiana. Questa sublime capacità è stata senz’altro il motivo del suo successo internazionale. Così Afro potrebbe essere visto come il pittore della classicità italiana, ben cosciente dei mutamenti storici, concettuali, stilistici e formali che si andavano formando nel crogiuolo degli anni Cinquanta, e altrettanto convinto della duratura validità di un’attività artistica basata sugli elementi tradizionali della pittura, quali luce, composizione, segno, colore. Ed è proprio qui il punto di contatto tra Moda e Afro, narratori distinti del loro tempo, della società in cui vivono, autori e attori dei grandi sentimenti vissuti, senza mai abbandonare le loro radici e il loro personale vissuto. Afro è il pittore della compiutezza formale, della rinnovata classicità espressiva, della perfezione compositiva. Nell’opera di Moda si riassume finalmente l’anima attraverso il sentimento della forma, la sua personale vitalità e la sua fisica percezione di ciò che lo circonda finemente unito e amalgamato, impastato alla sua essenza più profonda. Cosicché la sua produzione vibra, squassa gli animi, perché riassume la grande emozione personale che Moda ha vissuto durante l’atto creativo ed è proprio su questo che l’artista punta, ossia trasferire la grande emozione comunicativa della sua opera a chi l’ammira.

Il formato “trenta x trenta” non è altro che il compendiato di un pullulare di ricerche, sperimentazioni, in cui si riassume la varietà degli atteggiamenti e le varie soluzioni artistiche offerte da Piero, grazie alla sua inconfondibile e matura cifra stilistica, in cui si afferma incondizionatamente la volontà eversiva dell’artista in particolar modo immessa ed espressa attraverso la realizzazione dei suoi autoritratti (essi hanno partecipato alla Biennale di Venezia conseguendo grande successo della critica) o dei quadri ripercorrenti temi di contestazione finemente legati ad un credo, che contraddistingue l’autore, ripercorrenti i suoi sentimenti legati ai movimenti sociali del 68.

L’arte di Moda diventa così un tutt’uno col mondo fisico esterno intaccando e insediandosi nell’l’immaginazione di tutti, mettendo al centro dell’attenzione valori universali come il pacifismo, l’antirazzismo, il rifiuto del potere come forma di dominio di pochi privilegiati sulla popolazione, i diritti delle donne e l’interesse per l’ambiente, temi che a mezzo dell’arte entrano a far parte stabilmente del dibattito politico e socio-culturale del mondo intero e temi sempre profondamente attuali. Le opere di Moda così si arricchiscono di un valore programmatico  rendendole estremamente importanti per la comprensione del suo percorso artistico, a mezzo delle quali si riporta l’esplicito impegno socio-culturale e il percorso di vita dell’artista, il cui fine è attivare una funzione socialmente utile che sviluppi liberamente e naturalmente le forze creative presenti nell’individuo ed eliminare la distanza tra il mondo (con le sue realtà formative) e l’arte (come processo di formazione fondamentale). Moda diventa così un operatore per un nuovo mondo da rifare ed analizzando i fenomeni percettivi alla ricerca di una scientificità del fare arte, dimostra le implicazioni conoscitive e comunicative che vivono alla base della progettualità artistica inserendosi così in tutti i campi dell’esistenza. L’artista così facendo passa a una metodologia didattica che lotta contro la mercificazione artistica e rende i messaggi che si legano alle immagini. L’opera così raggiunta è l’azione e modello che intende svolgere una funzione sociale, uscire dalla logica del culto del feticcio e porne lo spettatore di fronte ad una situazione che stimoli la consapevolezza verso il fenomeno artistico. Il gesto dell’artista acquista rilevanza solo se al suo fare corrisponde un riconoscimento da parte dello spettatore. L’artista non è più solo datore; ha bisogno di sentire gli altri ricettivi nei propri confronti, ha bisogno che lo spettatore gli restituisca le sue proiezioni… egli si sforza di indurre lo spettatore a quella cooperazione che gli è indispensabile come completamento dell’identità che vuole rappresentare. Di conseguenza l’opera di Moda si carica di valore positivo non omologante, ma libera.

 

 

 


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