Mirco Bardi nasce a Treviso nel 1970 e vive e lavora ad Istrana (TV). Artista autodidatta. Sin da piccolo ha sempre amato progettare e costruire, la prima materia sperimentata fu il legno per poi approcciarsi a vari materiali di diversa natura, dando inizio alla personale sperimentazione che gli servirà nel campo artistico in seguito. L’approccio alla pittura inizialmente fu arte figurativa, per poi dirigersi all’arte informale materica per poi giungere agli attuali risultati. Sempre attratto dal “bello” e acuto osservatore di tutto ciò che lo circonda, vive profondamente le sue emozioni e il “bello” in senso esteso, esso sia: arredamento, moda, colore, oggetto, persona, sentimenti che attivano la personale creatività, e lui stesso, una volta assorbita l’esperienza, cerca di rimandare e inserire il tutto nell’arte appositamente creata, lasciando così un tracciato dell’intimo percorso.
Fonte di ispirazione dunque è tutto ciò che lo circonda, tutto ciò che pulsa di vita e che va inevitabilmente a toccare le rime più alte del suo sentire. Bardi a modo suo e attraverso mezzi a lui consoni, cerca di rendere il mondo più bello, non solo attraverso le opere che assembla e crea, ma anche con il personale vivere quotidiano. Attraverso l’arte Mirco sviscera una galleria di messaggi, sentimenti, emozioni, sogni e cerca di comunicare al prossimo la necessità di sognare e concorrere sempre alla realizzazione dei propri desideri. Ha esposto in varie mostre collettive Italia e all’estero, catturando attenzione sia dalla critica che dal pubblico.
L’arte concettuale di Mirco Bardi si muove attraverso le qualità espressive della materia per mezzo dell’unione e della sovrapposizione della materia stessa. Nella scultura, come diceva Vasari e lo stesso Michelangelo, si lavora sempre sulla sottrazione. Così la poetica artistica di Bardi si pone nei confronti dell’arte pittorica, che lo vede impegnato da un iniziale figurativo per poi sottrarre le forme, i contorni e andare verso la ricerca della tridimensionalità. I fondi, gioco forza, divengono essi stessi parte integrante dell’opera stessa e fungono da rafforzativi alla materia a loro consegnata. Le ombre ottenute tra giochi di pieno e vuoto narrano un mondo, il mondo della natura contrapposto al mondo industriale. Tocchiamo così le rime dello spazialismo astratto di Burri, Fontana,Rothko, ma ancor meglio la Minimal Art di Frank Stella e Sol LeWitt, in special modo quest’ultimo sostiene che: “Nell’arte concettuale l’idea o concetto è l’aspetto più importante del lavoro”. Mirco compone effetti spaziali del tutto inediti, suggerendo atmosfere immateriali che vanno al di là dello spazio percettivo naturale. Di certo passando in rassegna tutto il materiale prodotto da Bardi siamo di fronte ad arte pura, arte concettuale, dove non c’è un perché alle cose inserite all’interno delle texture, un messaggio subliminare, ma la ricerca del gusto, del riempire ciò che è vuoto o di svuotare ciò che è troppo pieno. Un sottile gioco di equilibri prospettici, di ricerca e di armonia conseguita dalla scelta dei colori imposti alle sfere, esse galleggiano nell’aria e sono appese a fili impercettibili, v’è assenza di gravità. Sfere e cubi volteggiano nel vuoto con i loro colori e elargiscono all’impianto generale delle timbriche di purezza. I supporti bianchi, essi siano creati dall’artista o siano il muro stesso, sono il colore prescelto da Bardi, essi talvolta vengono sostituiti da grigi e neri e, solo in qualche eccezione dai blu e viola; su questi sfondi si dirama più o meno intensamente il “gioco” dell’inserimento delle sfere, dei cubi o lettere colorati, a volte le figure si accalcano seguendo comunque una razionalità premeditata nel loro comporsi geometrico, altre volte la figura presa in esame si avvalora solo ed esclusivamente della “compagnia” di pochi suoi simili nella forma, ma non nella grandezza. L’ambiente ospitante così si dilata e lascia ampio respiro alla meditazione e, ci rimanda inevitabilmente, calma e serenità sospese. Alcune di queste opere, per esempio le opere formate da sole tre sfere, numero perfetto, accennano anche al triangolo immaginario il cui angolo ottuso minore cambia sovente direzione e sembra voglia lanciare un dialogo con le altre opere circostanti. Un gioco interno di comunicazione, dialogo subliminare, tra opera e opera; si snerva così un instancabile racconto delle debolezze dell’uomo, della fragilità della natura, e dei difficili equilibri interni ai due mondi, che a volte sono così simili. Materia……. anche noi di materia siam fatti! Il materiale sperimentale prescelto dall’artista è composto da lastre di ferro ossidato, stoffe, carte, polistirolo, legno, tutto è indagine e tutto può esser plasmato per Bardi, come il vento e il suo fine lavoro su ciò che modella costantemente, come anche l’attento lavoro di levigatura dell’acqua sulle rocce che incontra nel suo percorso. Così agisce l’autore sul suo materiale, che non è pittura, non è nemmeno scultura, ma un insieme di pitto-scultura con un attaccamento fortissimo all’installazione, direi installazione a muro. A rendere ancora più forte la struttura è l’elemento luce, che colpendo le sfere o i cubi, va a creare la tridimensionalità e soprattutto la profondità dell’impianto stesso. Bardi basa la sua arte sulla riduzione della realtà, arte dunque puramente astratta, oggettiva ed anonima e la priva di decorazioni superflue e superficiali. La realizzazione delle sue texture, spesso realizzate su impercettibili griglie di matrice matematico, sono in grado di evocare forti emozioni e stati esistenziali e tracciano inevitabilmente il dialogo con il fruitore, basato sull’esperienza di un contatto fisico con il fruitore stesso. L’artista realizza, attraverso le sue forme, il massimo della propria informazione, essa stessa ne risulta così articolata dalla modulazione di elementi semplici che intendono essere solo ed esclusivamente ciò che sono. Arrivati a questo punto dell’analisi dell’opera di Bardi ci viene spontaneo porci delle domande: cosa vuole ottenere l’artista attraverso questo suo modus lavorandi? Vuole istruire, beffeggiare, disorientare, stupire o scioccare il pubblico? Forse ci vuole solo dare qualche indicazione su come staccarci dalla nostra illusione legata al nostro vecchio mondo, al nostro modo di vedere l’arte e la vita, perché arte non è solo riconoscere un oggetto rappresentato, ma farsi iniettare da sensazioni, emozioni purissime che sono della vita. Arte è attivare nostri feedback per farci agganciare ad un nostro personale percorso, sono tante le sfumature, le domande che ci si possono porre di fronte a questa pace infusa e profusa dalle opere di Bardi, questo senso denso di sospensione in attesa di una risposta, la stessa risposta può essere ci sia o no o che rimanga sospesa. Si crea così un ponte verso l’eternità, un attimo fermato, in assenza di respiro, di ossigeno, atto e indicato solo ed esclusivamente a fermarci, noi così presi dallo scorrere della vita. La sfera non rotola più, è li, ferma, impavida, ci attende e ci sfida, provoca la nostra immaginazione e si confronta con il nostro intelletto e ….. spiazza.
I colori puri, talvolta monocromi, interagiscono con le forme cui sono affidati e con un meditato sorteggio d’ubicazione, vengono assegnati ai supporti, creando un percettibile equilibrio dell’impianto globale. Nulla è posto in essere per caso, tutto si agglomera e interagisce nella poetica artistica strutturalmente preparata. Bardi agisce con l’arte, si libera da tutte le forzature accademiche, si emancipa dall’angoscia della critica o dalla frustrazione di non essere capito, prende le emozioni e le chiama in unico filo di concetto, erige un proprio e riservato pensiero logico, matematico e crea un proprio spazio di meditazione. Come sostiene Mahatma Gandhi «Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.» Il cambiamento nel mondo dell’arte Bardi l’ha attivato e la sua azione incisiva e forte è frutto di un attento lavoro introspettivo e di valutazione dell’estetica e dell’esistenza.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte