PREFAZIONE ALLA MOSTRA “MACROCOSMO ANIMA MUNDI”
L’anello di congiunzione tra la creazione artistica, il luogo d’esposizione, persone, pensieri e sentimenti per la realizzazione di questo evento, ideato dall’artista Nadia Marcuzzi, è la necessità personale di dare al mondo nuovi spiragli di luce per affrontare la vita, creando una sorta di sciolto dialogo, che non è altro che l’arte di vivere insieme, tra chi esprime artisticamente il libero pensiero e chi si mette in ascolto e accetta di interiorizzare il messaggio inviato.
Per questo c’è bisogno di “pacificatori”: donne e uomini che cerchino realisticamente le vie della pace, educhino alla pace, comunichino uno spirito di pace.
A volte ci poniamo delle domande alle quali il silenzio risponde senza voce…il silenzio più assordante, tagliente e acuto che si abbia mai sentito prende rumorosamente il sopravvento, ma con il silenzio comunque comunichiamo e lasciamo spazio alla meditazione personale iniziando spontaneamente un percorso soggettivo e riservato. Talvolta bastano dei piccoli input per sgranellare una serie di profondi pensieri sulla propria esistenza e sul perché delle cose.
Il mondo di oggi è caratterizzato dalla diffusione della violenza, dal terrorismo e dalle guerre ancora aperte fatalmente unite alla violenza diffusa e al NON rispetto verso ciò che ci circonda, essa sia natura o genere umano.
Alla luce di ciò bisogna riproporre nuovamente e con serietà il problema della pace nel mondo, del rispetto della Madre Terra offesa dall’inquinamento e dal depauperamento e giungere ad una profonda considerazione sull’uomo contemporaneo intaccato dal degrado valoriale con il derivante sfaldamento famigliare e conseguentemente il disfacimento della società in cui vive.
Da qui dunque tutto nasce con l’artista Nadia Marcuzzi che, dopo un lunghissimo lavoro di “scavo” nella propria anima e dopo aver risolto fondamentali nodi personali, si proietta con lo “SGUARDO” all’ esterno di se stessa e si lancia nell’esaminare le ferite materiali e spirituali dell’anima del mondo.
Macrocosmo Anima Mundi racconta l’anima del mondo contemporaneo attraverso l’espressione poetico-scultorea dell’artista. L’autrice, essendo legata profondamente ad altre forme artistiche come: teatro, danza e musica, decide di inserire ed entrare in sintonia con queste espressioni scelte e battezza un’incantevole sinergia con il musicista Johnny Dario e la dance artist Debora Di Centa riuscendo a trasmettere lo stesso “stato d’animo” e lo stesso pensiero in varie lingue espressive assicurandosi di conseguenza di entrare profondamente nell’intimo di ognuno di noi. Rispetto all’edizione del 2012, visto che questo progetto comunque è itinerante, trova come ubicazione la Pieve di San Pietro, Glesute da Madone, Macrocosmo/Anima Mundi-Microcosmo/Anima Hominis, il palinsesto si rinnova e si arricchisce di una nuova figura che funge da anello di congiunzione tra Nadia e il luogo scelto per la performance unite al comune Messaggio d’Amore: Angelica Bonanni, donna, scrittrice, artista esemplare carnica si è adoperata per tutta la vita a favore degli altri e alla continua ricerca della propria spiritualità. Essa ha liberato energie di pace, sostenuto percorsi di riconciliazione, favorito amicizie e costantemente parlato d’amore assoluto. Angelica inoltre è stata custode spirituale dell’eremo dei Francescani e a lei sarà dedicato il concerto del gruppo corale “Villa Chorus” di Villa Santina diretto da Johnny Dario.
Nadia e Angelica hanno fatto un percorso parallelo nella ricerca della loro intima essenza, entrambe attraversano la sofferenza della propria esistenza con grinta e convinzione che la vita ci riservi momenti di buio intervallati a momenti di luce. Le due donne con umiltà e determinazione accettano le prove della vita e conquistano, passo dopo passo, la via dell’elevazione spirituale muovendo verso una strada interiore che porterà alla luce dell’Amore, Dio.
Questa maturazione e saggezza è stata raggiunta e conclusa da Angelica, Nadia invece lentamente e naturalmente concorre al raggiungimento della pienezza in ogni esperienza del proprio vissuto.
Il testo/preghiera che narra in chiave la poetica artistica di Nadia Marcuzzi e il punto cruciale da cui ha fine e inizio questo emblematico percorso è: “Il Signore Pietà”, in cui l’artista dopo un importante lavoro di indagine sulle ferite del mondo, in cui denuncia l’uomo di aver distrutto la natura a causa del proprio egoismo, di non guardare più agli altri ma solo a se stesso, accusa ulteriormente le violenze sulle donne e i loro figli , sulle persone meno fortunate fino ad arrivare al massacro delle nostre anime e chiede, umilmente a Dio, di riportarci sulla via dell’amore. Queste parole divengono in sintesi il trait d’union tra la produzione artistica e il pensiero “parlato” dell’artista. Nadia dapprima concepisce le opere senza un filo logico anche se poi tutto si incastra magicamente e trova propria forma e senso.
Dal caos all’ordine, dal buio alla luce, tutto segue una naturale evoluzione un suo percorso.
L’artista così smette di fare un’esplorazione introspettiva classica per gli artisti informali e volge ad un’analisi verso il mondo contemporaneo, letto secondo una chiave soggettiva, e le sue ferite intime e profonde, redigendo il testo: “Signore Pietà”, il testo, scritto di getto, è associato ad una serie di tavole in ceramica, dittici e trittici, incisi, graffiati e trattati con colori a spruzzo, che ricordano le stazioni della Via Crucis.
Un testo carico di amore e di umana sofferenza non poteva non essere associato che al senso generale dato alla “Via della Pace” di Angelica, in cui venivano inseriti nel percorso che portava da Raveo al Convento dei Frati Romiti messaggi d’amore, atti a risvegliare l’amore e l’umana fratellanza, nella condivisione e nel non egoismo. Se da una parte dunque c’è la rivelazione oggettiva e acuta di ciò che non funziona in questo mondo, dall’altra ci sono una serie di consigli di come farsi sommergere dall’amore e di come vivere in sintonia e nel rispetto con gli altri.
In fin dei conti l’uomo adulto è libero, consapevole, responsabile e in grado di relazionarsi con gli altri esseri umani in modo profondo ed autentico, l’importante è non smarrire queste vitali viste per poter sinceramente condividere le cose della vita. Cosicché l’uomo necessita di percorrere un proprio cammino spirituale, lungo il quale si avanza per conseguire un obiettivo determinato, quale ad esempio un più alto stato di consapevolezza, il raggiungimento della saggezza o la comunione col divino in termini di trascendenza o di immanenza, il che solitamente presuppone una qualche forma di liberazione dalla materialità e non solo.
Se parliamo di spiritualità dunque essa è anche descritta come un processo in due fasi: la prima relativa alla crescita interiore, e la seconda relativa alla manifestazione di questo risultato nell’esperienza quotidiana del mondo; essendo così l’esperienza di Nadia nei confronti del mondo rispetto a quella di Angelica storicamente diversa, la cosa piacevole è comunque che entrambe concorrano allo stesso fine dato dal rispetto e amore.
Un ulteriore importante considerazione riguarda i vari cammini che si possono percorrere durante il fluire della nostra vita, non sempre riusciamo ad imboccare le strade giuste, a volte continuiamo recidivi a camminare e scegliere vie sbagliate cosicché, l’uomo alla ricerca della propria spiritualità, necessariamente chiede a qualcuno a lui superiore di condurlo con l’amore a superare il proprio cieco egoismo restituendolo all’umiltà e consapevolezza verso se stesso e orientandolo verso la retta Via. In fondo tutti noi almeno una volta nella vita assaggiamo quel sapore acre del dolore, sapore che non viene levato dall’acqua e ne lenito dalle parole altrui, ma che ti porta a sprofondare o a inseguire vie da noi credute della resurrezione che non sempre sono corrette solo perché siamo confusi dalla paura. Con la consapevolezza possiamo uscire dal baratro, questa personale esperienza si può applicare a tutte le ferite individuali che poi possono essere universalizzate.
Le tavole di Nadia divengono così tracce di vita, pagine di libri, emozioni impresse ed estese ai propri intimi pensieri e sono rese fruibili a tutti in un aperto dialogo.
La Marcuzzi dice: “Ho compreso che questo mio fare ha portato alla “luce” linee di conflitto, deflagrazioni sedimentate nella mia anima e quello stesso lavoro ha consegnato alla mia consapevolezza”. La saggezza altresì raggiunta da Angelica in vita ed espressa attraverso il suo Testamento Spirituale nel quale ringrazia il Signore per averle concesso lunga vita in questo mondo, di averla costantemente sostenuta nel bene e nel male, di averle dato una famiglia amorosa e di aver incontrato nel lungo percorso tante persone che l’hanno amata e sostenuta, si unisce emblematicamente al senso del rispetto e amore ricercato nel “Signore Pietà” di Nadia, unica differenza è che Angelica ha trovato Dio e invece Nadia ancora lo cerca. Forse la scelta del luogo tanto caro ad Angelica, la magia della natura che timidamente si apre e fa scorrere la luce tra i suoi anfratti, il verde degli alberi e l’azzurro del cielo, il mistero del luogo fatto di preghiere, apparizioni, antichi profumi e spiriti/fantasmi di preghiere, lavoro e umiltà contorneranno amorevolmente tutto il cammino fatto fin ora dall’artista e dalle persone che tanto hanno creduto in lei e nella sua idea. Le condizioni in uno scenario naturale e storico tale permette sicuramente la contemplazione del messaggio dell’evento nel silenzio. Oltretutto questo luogo è tanto caro all’artista in quanto da ragazza usava trascorrere molto tempo in questi spazi . Sicuramente i canti composti e musicati dal maestro Johnny Dario in onore di Angelica e in favore di Nadia renderanno quest’incontro spirituale tra le due donne, risvegliando in noi sentimenti e consapevolezze che per essere in questo mondo inevitabilmente bisogna cercare la comunione, bisogna cercare di uscire dall’isolamento, dalla solitudine, e portarci a scoprire che la vera comunione e la condivisione sono possibili, che si possono abbattere barriere tra popoli e uomini per cercare un mondo migliore iniziando principalmente dal rispetto che è sinonimo di amore.
Se un uomo non passa attraverso un… risveglio spirituale, non può conoscere Dio, vivere è amare le persone e il loro Creatore.
L’indagine dell’artista Nadia Marcuzzi parte da ciò, ed emblematicamente incide nelle sue tavole, attraverso particolari e personalissimi grafemi, una sorta di libro dei suoi pensieri. L’opera di Nadia si fa grande e assume forza nel momento in cui viene inserita in un contesto, in un luogo immerso nello spirito della natura, della storia, delle radici della vita e affronta, con determinazione e coraggio oltre che con grande energia positiva, un viaggio che conduce ad un messaggio d’amore. Per comprendere l’opera dell’artista ci si deve affidare al proprio cuore e alla nostra personale sensibilità, attraverso le parole e le opere inevitabilmente riaffiora in tutti noi il nostro vissuto e la nostra individuale esperienza di vita portandoci necessariamente ad immedesimarci nella narrazione visiva e scritta. Il senso globale dell’opera è così completa perché fruibile e compiuta, l’atteggiamento importante del fruitore è quello di accettare di percorrere la strada indicata e alimentare la propria voglia di immergersi e capire lo spirito e il messaggio dell’artista.
Per la Marcuzzi l’arte è una sorta di terapia di guarigione: grazie all’ opera materializzata dall’ispirazione riconosce i propri sentimenti e agisce su se stessa superando i nodi esistenziali raggiungendo così a mezzo del silenzi la consapevolezza della sua esistenza. L’autrice subisce passo passo una sorta di catarsi che la innalza alla pienezza dello spirito, ossia verso Dio.
Dopo questi terremoti emozionali e creativi Nadia, raggiunta la piena maturazione, è così pronta a condividere con gli altri il proprio percorso augurandosi, attraverso la rivelazione avuta, di consegnare risolutamente al prossimo la propria missiva d’amore.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte
ANGELICA BONANNI
Angelica Bonanni è nata a Raveo un piccolo paese della Carnia (Friuli Venezia Giulia) il 15 dicembre 1905 e morta a Raveo nel 2002 all’età di 97 anni. Pittrice, scrittrice è stata presente in qualsiasi attività sociale del suo comune. La figura di Angelica, ancora oggi, vive e palpita nel ricordo di chi l’ha conosciuta e apprezzata durante la sua lunga vita. Angelica Bonanni figlia di Giusto Bonanni, perito e segretario comunale e Maria Ariis, principia i suoi studi grazie a volontari che insegnavano a leggere e scrivere ai bambini, visto che all’epoca nel suo paese non c’erano le scuole elementari. Durante la prima guerra mondiale, la famiglia Bonanni composta da Madre, Padre e cinque figli, dapprima si trasferisce a Milano per poi raggiungere Marina di Pisa dove, nel collegio locale, Angelica completa il suo ciclo di scuola elementare e i tre anni di scuola complementare per poi seguire gli studi superiori presso il collegio Scrosoppi a Udine. Nel 1922 consegue il diploma di maestra elementare. A 18 anni intraprende la carriera di maestra segnando un lungo percorso di insegnamento in varie scuole come: la scuola di Avaglio (Ud) unica docente in una pluriclasse con 50 alunni, la scuola di Colza-Maiaso di Enemonzo e di Raveo, Corsi complementari per Emigranti, istituiti dalla Società Umanitaria di Milano, dove ha insegnato fino al 1970 completando un ciclo di insegnamento durato ben 47 anni senza alcuna interruzione e conseguendo meritatamente il riconoscimento, alla sua lunga e appassionata carriera, con la medaglia d’oro. Angelica oltre al suo lavoro aveva molti e altri svariati interessi tra cui: pittura, natura, la propria famiglia, scrittura, amava parlare in francese e, per tenere allenata la memoria, ripeteva tutte le sere poesie dei classici italiani come: Leopardi e San Francesco. Si batteva per far valere tutti i diritti dei cittadini del suo paese recandosi a volte anche personalmente a Roma, nei ministeri preposti per discutere la causa sia del paese che dei suoi paesani. Durante il periodo del terremoto (1976) si è prodigata affinché ci fosse una corretta ricostruzione del paese gravemente colpito, cercando di salvaguardare il patrimonio artistico del luogo. Angelica inoltre era sempre presente in qualsiasi avvenimento all’interno della comunità, esso fosse drammatico o gioioso, i suoi discorsi andavano sempre a coronare una qualsiasi attività svolta a Raveo essendo, essa stessa, sempre pronta a conversare in modo aperto e moderno e su qualsiasi argomento gli si presentasse. Grazie a questa apertura e umiltà nei confronti della vita, il suo buon cuore trovava sempre le parole adatte per ogni tipo di persona, sia come ceto che come età, elargendo per tutti parole d’aiuto e incoraggiamento. Per scelta Angelica non si è mai sposata, raccontava timidamente che custodiva nel cuore un grande amore nei confronti di un capitano morto in Grecia. Forse per questo divenne anche madrina del battaglione degli Alpini di Venzone. Il suo “modus vivendi” la portò anche ad affrontare il dolore con una propria e personale dignità, serenità e forza, riuscendo così a sdrammatizzare ciò che la colpiva direttamente. Grazie a questo atteggiamento nei confronti della vita portò sempre in rilievo il suo personale insegnamento in merito alle proprie esperienze della vita, sottolineando ancora una volta che essa deve essere apprezzata ed accettata sempre per quello che offre, sia nel bene che nel male. La grande forza di Angelica è stata la fede. L’originale personalità della Bonanni era ancor più evidenziata nel modo di vestire, essa usava indossare abiti molto estrosi e personali, foulard di seta, raffinati merletti e gioielli d’epoca. In qualsiasi occasione indossava scarpe con il tacco e impiegava truccarsi attentamente per poi profumarsi rigorosamente con il profumo “Chanel n° 5”. Angelica scrittrice. Ha pubblicato tre libri tra cui: “Il mio canto alla donna Carnica”, premiato a livello nazionale, in cui esprime la sua stima per le donne dei tempi passati, lodando la loro integrità e semplicità, umiltà e mirabile temerarietà. Altro testo dal titolo: “Un’antica Presenza” Alcune costumanze della Carnia, edito dalla casa editrice Andrea Moro Editore, Tolmezzo (Ud), 1999, in cui vengono descritti usi e costumi della Carnia, in cui si delinea per ogni tema affrontato origine, progressione, mutazioni ed infine tramonto dei costumi carnici. La composizione di questi due libri per Angelica non sono altro che storie raccontate con semplicità, verità ed affetto e sono dedicati alla meravigliosa popolazione della Carnia. Per concludere il libro: “Storia del Convento dei Frati Francescani di Raveo”, ed. Andrea Moro Editore, Tolmezzo (Ud). Il romitorio ereditato da Angelica dalla madre, si trova poco distante da Raveo. Dopo il terremoto del 1976 Angelica, a sue spese, aveva fatto eseguire alcuni lavori di ripristino, senza mai accettare l’intervento delle Belle Arti. Ogni primavera Angelica usava andare al suo convento e lo apriva agli ospiti di passaggio. La strada di andata e di ritorno la faceva leggendo Socrate e sugli alberi che costeggiavano il sentiero appendeva biglietti con pensieri e poesie d’amore e di pace facendo così denominare questo percorso: “La via dell’amore e della pace”. Questo luogo divenne così un luogo di intimità, spiritualità e umanità, da dove lo spirito di Angelica ancora oggi fa giungere i suoi messaggi. Una frase emblematica di Angelica racchiude il suo pensiero in merito al suo amore nei confronti di questi luoghi: “Finché tu, passando per un bosco, ti fermerai a sentire la voce del silenzio, finché ti incanterai davanti a un tramonto o al sorgere del sole, o ascolterai con commozione il vento che sussurra tra le foglie e ti esalterai a guardare il cielo stellato e i colori dei fiori, tu sei un’anima buona; la solitudine non la conoscerai; una vita felice, nonostante tutte le vicende che ti coinvolgeranno, sarà il tuo destino”. Angelica Pittrice. Innamorata della sua terra e della tanta natura che cerchia e si insinua a Raveo, Angelica si dedica anche alla pittura e dopo corsi con insigni maestri incontrati in corsi tra Venezia e Firenze, raggiunge una notevole e spiccata capacità espressiva a mezzo della pittura figurativa. I temi trattati nell’opera pittorica ovviamente sono le bellezze naturali che vanno dalla semplice realizzazione di mazzi di fiori e nature morte, curati ma dal tratto veloce ed istintivo, fino ad arrivare alla realizzazione di vedute con prospettive profonde quasi a esternare la profondità del suo pensiero. Le viste di paesaggi espressi a mezzo di una visone dell’anima e ancora palpitanti di quell’antica emozione e fresco compiacimento nel ritrarli, trapelano una ricerca molto profonda per quegli anni . Nel suo Atelier, come lo chiamava lei, ubicato in una casa a Raveo che aveva adibito a laboratorio artistico, aveva un pianoforte a coda che spesso suonava. Ha partecipato a mostre in Italia e all’estero ottenendo notevoli riconoscimenti dalla critica e dai fruitori.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte
Nadia Marcuzzi con piccole correzioni
Il percorso creativo di Nadia Marcuzzi ha inizio nel 1986 e, dopo un’iniziale periodo di sperimentazione volto alle varie forme artistiche, la Marcuzzi approda e approfondisce la sua espressione realizzata sulla terracotta. Libera ed incontaminata da qualsiasi tendenza artistica l’autrice persegue e segue solamente ciò che le chiede il cuore e, presa da tumultuosi pensieri ed emozioni vivissime, principia il proprio cammino con il primo ciclo a titolo: “Bruma di Mare”. Attraverso questa serie di tavole scalfite, modellate, segnate l’artista si avvicina teneramente e in punta di piedi ai quattro elementi: acqua, terra, fuoco e aria, in una sorta di reset mentale atto ad allontanare la propria esperienza di vita in favore dell’appropriamento necessario della realtà oggettiva quindi dell’origine delle cose. Attuato questo primo aggancio con gli elementi primordiali l’artista ripone nel suo messaggio la consapevolezza dell’essere donna/madre e nell’acqua distingue il suo elemento principale in quanto il viaggio dentro sé è stato condotto dal fluire di sensazioni profonde, l’acqua è il principio di tutte le cose, l’acqua è fonte di spiritualità, scintillante goccia di luce divina, l’acqua è flessibile, umida e feconda, per questo rappresenta il femminile per eccellenza. L’acqua è estremamente adattabile, passiva e ricettiva. Anche per questo il linguaggio della Marcuzzi passa in questo ciclo da un figurativo ben accennato per riversarsi, già da allora, in una rilettura dell’opera informale carica di profondi significati spirituali e metafisici. E proprio questi moti dell’anima sono tradotti tecnicamente nei bassorilievi d’acqua attraverso una lavorazione più o meno concitata della materia, dove risultano campiture pure che fanno trasparire l’essenza vera, grezza dell’argilla opposte ad altre soluzioni più elaborate.
L’artista affronta così un primo viaggio con esiti sicuramente di grossa caratura all’interno di sé e del suo essere donna.
Il secondo periodo vien da se in quanto il primo percorso artistico accenna e porta inevitabilmente ad approfondire ed appuntare ulteriori considerazioni rivolte all’essere femminile da qui nasce: “Femminile Singolare”, viaggio all’interno di sé. L’artista attraverso la realizzazione delle sue opere mette alla luce l’oggetto della sua essenza e affronta con determinazione i viluppi e le ferite del suo percorso facendo emergere decisa le esperienze di vita da troppo tempo mascherate o volutamente accantonate per riuscire a trovare un contatto con la propria consapevolezza atta a restituirle, attraverso questo lungo lavoro di levigatura, le soluzioni e le giustificazioni necessarie e utili per capire a tutto tondo se stessa. Proprio con questo ciclo la Marcuzzi inizia ad imprimere nella “sfoglia”di argilla i nodi cruciali della sua definitiva poetica inserendo marcatamente bozzoli e reti da un chiaro e netto significato intrinseco. La “rete” impressa è recuperata ogni dove e simboleggia metaforicamente l’esistenza e la nostra provenienza dal momento in cui nasciamo e veniamo immessi in una famiglia e conseguentemente in un contesto sociale. La stessa rete ti imprigiona ma anche ti da modo di liberarti e la redenzione avviene solo ed esclusivamente quando troviamo in noi la sorgente dell’amore, in quel momento ci trasformiamo in luce, Dio.
Il filo che rileviamo associato alle reti e sempre presente nelle tavole di Nadia, è l’unione trascendentale tra noi e l’universo, ossia il tutto. In questo stesso ciclo inoltre scorgiamo un ulteriore elemento fondante che verrà sviluppato in maniera più approfondita nei successivi cicli dell’artista: “Il Bozzolo” . Esso è figurato ed è un agglomerato, un punto a superficie variabile che mette in luce le costrizioni, i nostri doveri nei confronti degli altri e di noi stessi, le paure che ci imbozzolano, insicurezze ed anche le promesse e le aspettative depositateci da chi ci circonda convogliandoci in una via di enorme responsabilità. Una matassa dunque costituita da indubbi problemi e considerazioni intrappolate in questo nodo contenuto e intrappolato nella rete da sbrogliare solo ed esclusivamente attraverso la consapevolezza e la forza personale, grazie a ciò il bozzolo inizia a prendere altre forme, si liquefa e si trasforma in luce conquistando la propria libertà e autonomia svincolandosi di conseguenza dalla rete. Interpretati questi tre fondanti emblemi della poetica artistica di Nadia ossia: Rete, Filo e Bozzolo e capite le loro interazioni e simbologie penetriamo e semplifichiamo il nostro importante impegno di decodificazione dei messaggi inviati dall’artista riuscendo così a trovare un punto di contatto e dialogo con Nadia interfacciandoci e facendo nostre le sue esperienze. A conclusione di questo ciclo una frase dell’artista è illuminante: “In questo lavoro si rivela la forza dell’anima che spinge alla luce ferite antiche, per consegnarle alla mia consapevolezza, come se la “mia bimba interiore” (che non è altro che l’essenza) pretendesse l’attenzione e l’amore necessari per vivere….attraverso queste tavole ho potuto esprimere la mia unicità di persona prima che di artista”.
Il terzo periodo intitolato: “Il Canto del Bue alla Luna”, è un viaggio nel mondo emozionale, sensoriale e creativo dell’artista raffigurato attraverso tutte le possibili sfumature date dalle ombre e luci della notte che catturano e amplificano le emozioni forti come paura, passione, gioia ed estasi. Il Bue e la Luna, avvolti dal silenzio della notte dialogano a distanza (e’ una metafora tra il piccolo uomo e il grande universo)cullati e accompagnati dagli occhi della natura che li circonda, tutti concorrono nell’intendimento volto alla ricerca di antichi segni/tracce di esistenza. Come la terra, assorbita l’umidità della notte, si fa accogliente e assimila in se le tracce del bue errante e come dimostrato nei secoli, ha sempre accettato di essere la destinataria di qualsiasi forma di vita che la calpesti o che la penetri custodendola gelosamente, nella sua essenza, tracce di vita consegnate così all’eternità.
Il quarto ciclo, a me molto caro, è denominato: “Terra della memoria”, è la raffigurazione di un viaggio di Nadia nella memoria famigliare in cui vengono a galla ricordi, compassione, tenerezza e amore relazionati alle origini della vita dell’artista e alla personale esperienza nell’ambito della propria famiglia. La raccolta comprende una serie di pezzi delicatamente lavorati a imprimitura. Le formelle hanno una storia da raccontare, ogni pezzo non è fine a se stesso, ma ha bisogno di essere completato e sostenuto dagli altri elementi per raggiungere un proprio equilibrio interno. L’artista, attraverso il gesto d’arte, raggiunge la definizione dell’argomento affrontato a mezzo della materializzazione dello spirito trasportando cose, gesti, sentimenti ed emozioni nelle tavolette.
Il filo conduttore del dialogo tra le formelle è il “rammendo”, visto come devozione verso la preziosità della trama del tessuto, gioiello unico aggiunto alla sontuosa semplicità delle tele. Il rammendo assume un significato anacronistico rispetto alla legge dettata dal consumismo. Attraverso la visione di questi documenti d’arte i nostri ricordi e la nostra fantasia non possono fuggire alla magia della storia d’un tempo. Il mondo ricreato da Nadia, il suo dialogo con il passato diventa così storia, riprende i fiochi colori, le emozioni e i sentimenti in un unico gesto fatto dalla mano e lo imprime nelle sue formelle affinché il tempo non cancelli per sempre questi piccoli, ma significativi gesti d’amore.
Una favola vissuta e sofferta intimisticamente dall’artista, un riaffiorare di ricordi continuo mano mano che Nadia riesuma tessuti di famiglia, un fluttuare di evocazioni; imprimendo nei trittici i guanti della madre sposa, loghi di famiglia ricamati in strofinacci o la camicina di cotone crudo che evoca il contatto avvenuto tra la ruvidezza del tessuto e l’epidermide delicata del papà/bambino, l’artista rende eterni i segni/ricordo del passaggio in questa terra della sua famiglia e proprio il senso di queste tracce della memoria ricollegano quest’ultimo ciclo a quello appena succitato.
Ultimo ciclo e attuale percorso dell’artista: “Le Ferite del Mondo” è abbondantemente descritto nella prefazione a questo catalogo e riporterei a proposito solo un pensiero fondante e rivelativo dell’artista: “con l’arte ho metabolizzato tutto…soprattutto la mia parte d’ombra… misteriosa incomprensibile anche a me stessa…l’arte mi ha dato delle risposte, mi ha fatto crescere capire me e il mondo”. Un ulteriore dato importante per capire ed entrare nella persona Nadia e tutte le sue sfaccettature è la personale polivalenza nel campo delle espressioni artistiche che vanno dal teatro, alla musica e poesia. Difatti, la Marcuzzi, oltre che esprimersi con l’arte, che comunque per ora rimane ed è la forma artistica prediletta, si proietta e mette in gioco la propria creatività anche in queste altre forme artistiche. Inizialmente, con il primo ciclo ad esempio, affiancò le sue opere ai testi sui miti amazzonici della poetessa brasiliana Marcia Theophilo e ai nudi artistici del fotografo Gino Durisotti , “Femminile Singolare” viene aperta invece da una performance in sintonia con i contenuti della mostra liberamente elaborata e interpretata da tre attrici e un percussionista. Nel 2007, in compenetrazione con la mostra a Casa Turoldo, Nadia decide di portare i suoi testi poetici che per la prima volta vengono recitati in pubblico In Macrocosmo Anima Mundi lo scorso anno costruisce parallelamente con la dance artist Debora Di Centa e il musicista Jhonny Dario una performance che ha come struttura i suoi testi poetici recitati da lei stessa..
A conclusione e principio di Macrocosmo Anima Mundi è necessario e fondamentale capire i come e i perché delle origini della realizzazione del progetto di questa edizione a Raveo riportando le iniziali intenzioni della Marcuzzi: “…Quest’estate percorrendo una strada acciottolata della mia terra, un’antica strada romanica, per partecipare ad una festa di ferragosto a Raveo, mi sono ritrovata in un luogo dopo molti anni…lo spazio incontaminato di incomparabile bellezza dove si incastona il Santuario di S. Maria e l’Eremo Francescano del ‘600 dei Frati Francescani, meta di molte mie passeggiate. Per l’occasione l’Eremo era aperto e l’emozione, entrando dopo tanto tempo è stata fortissima,…la povertà degli arredi intatti,…la semplicità delle stanze. E’ riemerso anche il lontano ricordo di Angelica Bonanni tante volte incontrata in questo luogo molti anni fa, custode amorevole del monastero, che nello spazio antistante aveva disposto gentilmente scritti e pensieri di pace, che ora avevo ritrovato all’interno. La Via della Pace. Ancora una volta le radici chiamano…ho sentito che quel luogo doveva accogliere Anima Mundi con i suoi contenuti, per ricreare quella sinergia artistico spirituale a servizio del suo messaggio contenuta anche nella mia Via dell’Amore”.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte