Giuseppe Brombin
Giuseppe Brombin nasce a Padova e sin da piccolo la sua creatività era vivida e alimentata da tutto ciò che lo circondava. Nei primi anni Settanta l’ambiente artistico di Venezia era molto vivace, gli artisti si aggregavano in osterie o in luoghi dove potessero stare insieme e discutevano della loro comune passione, talvolta gli animi si facevano caldi, ma tutto era condivisione e crescita personale, oltre ciò a Venezia l’artista locale era tenuto in alta considerazione e veniva sempre promosso. Nel 1973, quasi per divertimento, partecipò con un gruppo di amici ad una mostra collettiva e nel 1975, dovendo rispondere ad una personale necessità interiore, decise di iscriversi al Centro Internazionale di Grafica presso lo IUAV di Venezia, seguendo il Corso specifico dedicato all’incisione. Scelse questo corso perché aveva difficoltà a staccarsi dai suoi disegni, così ovviò al problema, poté quindi permettersi di conservare i suoi disegni originali regalando poi o vendendo le incisioni prodotte. Questo fu solo l’inizio per rendere l’arte parte integrante di un discorso molto più articolato. Apprese, durante il corso, tantissime nozioni e capacità di trasmettere la sua arte attraverso varie tecniche artistiche. Inizialmente, riproduceva opere rinascimentali e usava molto i colori ad olio, un’ottima palestra per capire la struttura fondamentale del colore, le prospettive e l’uso delle luci e delle ombre, oltre che riconoscere l’importanza delle proporzioni, poi per necessità di salute dovette smettere con l’olio, testò così gli acrilici e questi, ancor oggi, sono i colori a lui più congeniali. Abbracciò successivamente il movimento surrealista, in particolar modo fu affascinato da Dalì e Magritte, questo movimento lo fece suo, lo rivisitò annettendovi tutto il personale ragionamento rivolto al messaggio concettuale da trasferire attraverso il suo operare. Brombin principia sempre da un’idea, da un pensiero, poi cerca di materializzarlo affinché si possa identificare cercandone incessantemente confronti e paragoni con la realtà. Non è un lavoro facile, in quanto le idee, come le sensazioni e le emozioni sono astratte, ma il bisogno di esprimerle lo porta a superare gli ostacoli, anche se a volte i suoi quadri rimangono incompiuti per venti anni, in attesa dell’attimo creativo o dell’energia giusta. Brombin non è un autore dei “cicli pittorici”, di conseguenza non ha una cifra espressiva sempre riconoscibile, lui si sente libero, ogni sua realizzazione è un ciclo iniziato e finito in un unico quadro. Tra un quadro e l’altro ovviamente però ci sono anelli di giunzione globali che caratterizzano la sua produzione artistica e sono ben riconoscibili, questi elementi possono essere il colore, come gli azzurri, i blu cobalto o i gialli dalle mille sfumature e ultimamente, da non più di 10 anni, l’inserimento di oggetti all’interno delle sue strutture pittoriche che fanno parlare le realizzazioni come opere di teatro della figura, costruito per lo più intorno ad oggetti, questi inserimenti fanno sì che aumenti in valore il linguaggio usato nelle tele che è già fortemente visivo e sensoriale.
I temi trattati, nell’opera di Brombin, sono riferiti alla quotidianità, all’interfacciarsi continuo con le proprie conoscenze, ad un indagine introspettiva delle esperienze di vita rapportandole al vissuto di chi incontri nel tuo cammino, una sorta di miscellanea di emozioni, plasmate attraverso le forme e non forme, inserite in ambienti sospesi, immoti, quasi a voler fissare sempre un preciso istante, l’istante della sensazione vissuta o, dopo dialoghi, ciò che ti sei portato a casa. Brombin accompagna così il suo personale pensiero e cerca sempre di trasferire qualche cosa al fruitore che gli rimanga e che lo scalfigga stimolando l’immaginario oltre che la ragione.
Tutto questo nasce da un ciclo di 6 incisioni dedicate ai problemi esistenziali che inizialmente rispondono a problemi personali e poi si allargano a ciò che lo circonda, principalmente si basa su tutte quelle problematiche pirandelliane dedicate al tema dell’identità della persona, le multisfacettature personali, la dualità, la ricerca della propria personalità che ahimè talvolta viene negata.
Nella struttura delle sue tele c’è una preparazione meticolosa del fondo con gesso acrilico e pasta acrilica, le stesse realizzazioni non sono un gesto impulsivo, ma seguono un procedimento liturgico dallo schizzo su carta alla trasposizione meticolosa e ben realizzata successivamente sulla tela. Giuseppe sostiene che quando realizza un quadro non può permettersi di sbagliare, il quadro è come una poesia non puoi sbagliare l’ortografia, tutto deve essere preciso, se no rischi di comunicare un significato errato del messaggio da trasferire al fruitore e che è intrinseco comunque nell’opera stessa, il vero appunto potrebbe sfuggire, l’immagine perciò deve essere curata e contenere tutti quei fraseggi necessari alla decodifica mentale dell’opera presentata. Anche la luce e le ombre sono ben pensate, lui sa perfettamente già prima di realizzarle dove inserirle.
Un altro elemento importante nell’opera di Giuseppe Brombin è la musica, lui la ama e ascolta tanti generi musicali, dalla musica medievale alla musica rock. Adatta la musica alle sue opere in base all’estro del momento, ci sono però dei capisaldi che lo accompagnano nel suo percorso di simbiosi tra arte musicale e arte figurativa, come il più grande compositore rock progressive del secolo scorso, Frank Zappa, che ricorda, con il suo unire melodie e cambi repentini e inaspettati ritmici il concetto di avversità e polemica dadaista nei confronti di qualsiasi convenzione o sistema di valori prestabilito, nell’arte come nella vita stessa. Il primo disco di Franck Zappa lo acquistò nel 1966 e da lì nacque l’amore rivolto a lui e al suo genere musicale. Altri che appaiono come protagonisti con le loro liriche e ispirazione nei suoi quadri sono: i Doors, Jim Morrison, Francesco Guccini, giusto per citarne alcuni e i loro testi entrano a completare ciò che l’opera ci trasmette già con la sua autonomia interpretativa.
Brombin è un fabbricante di sogni…legati con un filo sottile alla realtà, la realtà profonda e strutturata che vive l’artista stesso, il suo personale e unico sentire.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte