Critica
Gianni Borta Matelda Borta
Carmina Naturalis
La poesia dell’elemento naturale
Palacine
12/28 settembre 2014
Pozzuolo del Friuli(UD)
Gli “Scritti sull’arte e sulla letteratura” di Goethe (redatti tra 1772-1827) hanno un filo conduttore e parlano della critica e dell’estetica dell’imitazione della natura. Goethe pensa che l’arte non debba essere solo imitazione o copia della natura, ed enuncia che l’artista non debba aspirare a produrre un’opera di natura, ma un’opera d’arte perfetta. L’arte così intesa è rappresentazione della natura, e della natura umana in primis. La conoscenza della natura diviene così un presupposto fondamentale nell’estetica goethiana, perchè l’artista deve conoscere ciò che rappresenta. Conoscere, per Goethe, significa agire e l’azione è un concetto centrale nel pensiero goethiano. L’arte deve agire intorno a sé per formare una totalità vivente e creatrice.
Sicuramente Gianni Borta e la figlia Matelda hanno capito che il contatto con la natura aumenta le prestazioni dei processi cognitivi, visto che ricorda le nostre origini, e sottolinea ed eviscera quell’aspetto della nostra attività mentale che la società moderna nasconde, formando il binomio inscindibile dato dall’istinto e risorse inconscie. Come la musica anche i colori sono vibrazioni con cui il nostro sistema energetico entra in frequenza. I colori di bassa frequenza come: rossi, mattone, gialli sono i più “terreni” e rappresentano il sangue, la sopravvivenza, la sessualità, il potere, mentre i colori più spirituali come: verde, indaco, azzurro e violetto hanno frequenze più alte e toccano ed incidono la nostra trascendenza.
L’espressione della creatività del Maestro e della figlia Matelda diviene così forza di liberazione dall’oppressione di un conformismo esasperato che costringe l’individuo a muoversi in sincronia con gli altri membri della società artistica cui appartiene.
La poesia dell’elemento naturale così diventa ed è filo conduttore con l’armonia cosmica in cui si inserisce la natura, il raggiungimento dell’armonia è dato e risultato del minuzioso lavoro personale ed interiore affrontato dagli artisti stessi, conseguentemente essi sono condotti verso la ricerca e riscoperta del proprio “IO” e del proprio ruolo nella vita.
Gianni Borta inizia ad esporre nel 1961 e colleziona circa 865 esposizioni e 176 mostre personali in Italia e all’estero. E’ considerato in campo internazionale un protagonista dell’arte naturalistica. Apprezzato dalla critica, per la sua particolare sensibilità informale inscindibilmente legata alle allusioni figurali, crea e segna uno stile artistico del tutto particolare e sempre riconoscibile. Molte delle sue opere sono entrate in musei, enti pubblici, scuole e anche case circondariali. In questa rassegna viene presentata la grafica del Maestro composta da: serigrafie materiche, acqueforti, acquetinte, cera molle al carborundum. Le incisioni a colori, in particolare, sono tirate con torchio a stella e sono fedeli ai canoni della grafica originale d’arte dettati dal: ” Comitè National de la gravure di Parigi “, già esposte nelle maggiori rassegne Internazionali di grafica. Alla collezione qui esposta si aggiungono due litografie tirate a pietra e ritraenti paesaggi campagnoli, lagune e incisioni appartenenti al ciclo: “Les Fleures Sauvage” che parteciparono con successo a rassegne di grafica a Parigi. Nei primi anni sessanta i temi trattati da Borta erano legati inscidibilmente a ciò che lo circondava e lo spunto per la realizzazione di disegni e quadri proveniva dalle sollecitazioni dei soggetti estrapolati dal mondo agreste. Emblematici sono i suoi ricordi così enunciati:”Entravo in una realtà e ne uscivo trasformandola con l’animo di chi riusciva ancora a sentirsi parte organica di un mondo di zolle, di foglie, di prati della campagna dove passava la storia dell’uomo. Interpretavo non polemiche esistenziali, ma una campagna che diventava fantastica. … i bevitori di frasca, ladri di girasoli, gli amanti campagnoli, biciclette”. Con la fine degli anni sessanta inizia ad essere attirato dai particolari di ciò che lo circondava, il segno si liquefa e lascia sempre più spazio al gesto, immediato, concitato, creando degli orditi e trame di colore grumosi, lisci, la materia prende prepotentemente il sopravvento, essa viene composta, decomposta da ripetuti strati di colore stesi e tolti, graffiati attivando una nuova dialettica fatta da un’infinità di gamma cromatica. Il personale rapporto del Maestro con la natura cambia, egli stesso è natura e in essa si immerge e gli affida il pensiero, l’emozione che viene raccolta nell’abbozzo di un singolo petalo, nella goccia di rugiada, nella pluristratificazione del colore stesso che lo porta ad agire come il miglior scultore, cosicché sottrae, toglie con la potenza di tutto il suo essere, per arrivare all’essenza dell’intimo messaggio, rispetto.
I soggetti ritratti vivono così una duplice vita, in quanto in essi si agglomera, s’impasta e amalgama tutto il sentire lirico di Borta. Il rapporto ancestrale dell’essere umano con l’elemento naturale colpisce tutti i sensi, la sola visione di un fiore può riattivare in noi vari feedback, ciò che ho visto, emozione del colore, la sensazione del gusto dolce o amaro, la carezza del petalo, la fragranza invadente o delicatissima, il suono della pioggia o del vento, la carezza della natura nella sua globalità. Borta aggredisce la tela con vari strumenti di lavoro come: pennelli, stracci, dita, spatola, non risparmia in energia e rende vivo il soggetto ritratto con i suoi cicli, come esistono anche nell’uomo. Nascono così innumerevoli opere raccolte successivamente in cicli dal nome: colore giallo, colore verde, colore rosso, colore bianco, colore blu, questi saranno i colori che rappresenteranno la poetica di Borta. Colorista puro, figlio diretto dell’action painting, attua delle strategie strutturali a supporto della stesura del colore e ritmicamente propone colori dall’intrinseco significato. L’unione dei colori caldi come i gialli e rossi cocciniglia, vengono calmati dai verdi smeraldo e i blu lapislazzulo, oltremare, dando la possibilità al fruitore di riposare lo sguardo. Raggiunge così le rime più alte dell’armonia, del ritmo, dell’energia e della pace. Il “trait d’union” tra i cicli e dunque nell’attenta e meditata stesura del colore, rimane sempre la meticolosa ricerca della luce, la sua rifrazione e il conseguente assorbimento nelle macchie cromatiche. Rappresentati tutti i fiori e natura raffigurabili dell’ambiente autoctono, il Maestro necessita di nutrire la propria galleria d’esperienza e di immagini con nuove sperimentazioni e incontri. Borta si avventura così in nuovi viaggi alla ricerca dell’alta spiritualità della natura: India, Giordania, Israele, Sudafrica, Birmania (Mayanmar), che lo accolgono per nuove sperimentazioni e per donargli soggetti da ritrarre d’inesauribile bellezza. Da queste profonde nuove esperienze Borta scopre e traduce la personale necessità di accompagnare il suo far arte con la scrittura e racconta: ” Ho trovato con lo scrivere un’affinità con la pittura”. Riporta così l’esperienza in cofanetti stampati con enorme maestria dalla casa editrice Campanotto Editore che oltre agli scritti del Maestro contengono un cd ricco d’immagini. I titoli sono: PadouK, I Fiori del Myanmar (Birmania), I colori dell’India (alla ricerca del fior di loto), Alla ricerca dell’Iris Nero (un viaggio fuori dal tempo, da Israele alla Giordania) e Alla ricerca della Protea (Il fiore simbolo del Sud Africa).
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Uno degli atteggiamenti più importanti dei genitori nei confronti dei propri figli è quello di dare a quelli, che mostrano talenti innati, la possibilità di tentare la strada della creatività. Matelda Borta figlia di Gianni sin da piccola è vissuta abbracciata da ciò che il padre produceva, da un mondo ricco di colori e da insegnamenti di rispetto e ammirazione nei confronti della natura. La risposta a queste stimolazioni non tarda ad arrivare tant’è che Matelda avanza i suoi studi diplomandosi in Grafica Pubblicitaria e Fotografia e in seguito si diploma anche presso la Scuola dei Mosaicisti del Friuli di Spilimbergo. La tecnica del mosaico a lei era ben nota, in quanto il padre tra gli anni ’70 e ’90 fece realizzare innumerevoli opere in mosaico dalla Scuola dei Mosaicisti di Spilimbergo. Ottenuti questi primi risultati Matelda intesse molteplici collaborazioni con architetti, design, artisti e mosaicisti e accresce sempre più la propria esperienza e competenza nell’ambito musivo.
Grazie a queste svariate collaborazioni e sempre sotto l’occhio affettuoso del padre, Matelda acquisisce maturità sia dal punto di vista formale che concettuale. Ora è artista matura e le sue steli come i mosaici d’appoggio, riepilogano una sintesi apprezzabile data da forma, segno e colore. Le opere così concretizzate sono vera glorificazione del colore, in un tripudio di gialli squillanti, rossi e azzurri brillanti, che sfumano delicatamente nella composizione celestiale ed emozionale. Lo spunto preso talune volte dalle tele del padre è manifesto nelle sue creazioni, ma durante il work in progress il soggetto in esame si sviluppa autonomamente e andrà a seguire il sentire soggettivo dell’artista.
L’arte è l’unica forma umana che può mantenere intatta la purezza di una visione e di un’idea e, proprio per questo, non è ripetibile, in quanto è legata ad un preciso momento e alla propria esperienza.
Le tessere, tagliate e personalizzate dall’ingegno dell’artista sono composte da smalti veneziani opachi, ottenuti dalla fusione del vetro che seguono, accompagnano, a mo di pennellate, l’andamento dell’idea. Passo passo l’artista cerca una dimensione dell’astrattismo Concettuale, una forma di surrealismo metaforico, ed in oltre ella adotta una nuova ed inusuale maniera di altorilievo prospettico. Le tessere colorate di vetro hanno una propria trasparenza, riflessi che attirano e ipnotizzano il lettore della composizione, iniettandogli direttamente nell’anima un fluido vivificatore e rigeneratore. Ed è sempre l’elemento della natura che offre spunto all’iniziale elaborazione dell’opera in cui domina imperiosa la scena fatta da singolari intrecci di arbusti, fili d’erba, petali e fiori, rielaborati, modificati, in base al sentire e al divenire emozionale dell’artista, sempre alla ricerca di un proprio stile e di una personale espressione.
Le tessere, lavorate, levigate, rese brillanti o opacizzate richiedono tempo per la loro realizzazione, dedizione, costanza, sacrificio e conoscenza. Matelda ricerca i materiali, li conosce e li taglia uno ad uno, dando forma e dimensione propria al tassello, che sarà introdotto non a caso in una texture predisposta e accuratamente analizzata. La sfida più grande, durante l’assemblaggio, è quella di riuscire nell’intento di elargire armonia all’unione de materiale diverso, costituito dall’interazione tra forme e colori del marmo, ciottoli, smalti della ceramica e pietre naturali. L’alternanza del materiale opaco e lucido e il gioco dello spessore e delle dimensioni delle tessere conferiscono l’effetto tridimensionale all’opera e accolgono in sé la carezza della luce, creando punti di luce e di ombra atti a sottolineare ed evidenziare la forma nascente.
Non facile è il lavoro percorso dall’artista e rivolto principalmente alla ricerca dell’armonia e dell’equilibrio generale nelle singole opere. Uno degli interessi principali di Matelda è quello di staccarsi dalla forma tipica del mosaico su pannello e individua nella stele, un’opera tridimensionale in continuo movimento, posizionabile, in base al proprio sentire, nelle nostre abitazioni. L’attenzione di Matelda è dunque rivolta alla fruibilità di questa forma artistica anche nel nostro quotidiano, e la offre come alternativa alle classiche forme artistiche come: pittura e scultura, nei complementi d’arredo.
Raffaella Ferrari