Gianluca Perna
ilconcettoèautoportante
I° ciclo
palazzo kechler
piazza xx settembre udine
mercoledì 8 – venerdì 10 maggio 2013
Addentrarsi nella spinta emozionale che sfocia nella pittura informale richiede grandi conoscenze nel campo della psicologia e della psicoanalisi, essendo essa stessa fonte e origine dei moti dell’anima. Gli attuali lavori dell’artista in oggetto sono di chiara matrice informale e mostrano lo sviluppo e l’arrivo di un lungo percorso pittorico volto all’arte figurativa, iniziato nel lontano 1985 sotto la guida del maestro Rinaldo Nimis.
Assorbiti i rudimenti dell’arte della pittura, Perna volge la sua attenzione nei confronti della sperimentazione sulla materia e ottimizza il discorso sin qui affrontato pronunciandosi ora attraverso l’arte informale, visto che gli permette di rispondere istintivamente a esigenze personali mosse da moti “incontrollati” dell’anima.
Ad arricchire le attuali opere facenti parti di un ciclo di 10 pezzi sono testi di poesia e letteratura accuratamente selezionati dall’Art Director Valentina Vittoria Lugli. I testi unificati in maniera inscindibile alle singole opere sono stati fonte di ispirazione per l’opera stessa o associati per antonomasia. Appaiono così concetti fondanti e fondamentali della nostra storia più o meno recente e sottoscritti da letterati come: Neruda, Celan, Campo, Nietzsche, Alighieri, etc…
L’arte concettuale difatti, nata negli anni ‘60 del secolo scorso negli Stati Uniti d’America sotto la guida di Joseph Kosuth, si prefiggeva di associare qualsiasi espressione artistica a concetti e idee tralasciando il risultato essenzialmente estetico e percettivo dell’opera stessa. Le prime sperimentazioni “concettuali” furono delineate da movimenti artistici come: Neo-Dada e Minimal Art per poi svilupparsi e definirsi con la Pop Art. Assorbite queste nozioni fondamentali della storia dell’arte e storia della società, Perna mette in atto e sublima un nuovo concetto d’arte, totalmente personale, dell’opera senza tela. Le opere così nate si compongono in forme volute ed esplodono dal “non supporto” bidimensionale, per acquisire la complessità della terza dimensione. Difatti, come negli anni ’90, quando si sentì l’esigenza di togliere le cornici per liberare l’opera da limiti obbligati facendola interagire accorpandosi a ciò che la circonda, le stesse opere di Gianluca, nate per essere appese secondo il concetto della bidimensionalità, attraverso riletture tridimensionali, cominciano ad uscire dal piano guadagnando lo spazio seguite dal colore che continua a pigmentare le forme anche nella configurazione spaziale. Di nodale importanza è l’effetto della luce che accarezza le irregolari superfici e si fa talvolta assorbire dal colore come, altresì, tende pure ad essere rilanciata verso lo spazio circostanziale e non solo recingente, utilizzando un sistema di semplici ma ingegnosi ed impercettibili rigonfiamenti del colore sulla superficie creandone un’interazione senza fine di luce riflessa. Queste opere a metà strada tra scultura e pittura, nascono grazie ad una stratificazione per parti di forme e materiali diversi che si ricompongono nelle forme volute esplodendo dal supporto bidimensionale, per acquisire la complessità della terza dimensione. Le opere tridimensionali si configurano principalmente con due differenti attività: l’accorpamento o la fusione e il rinvenimento, inteso in senso archeologico o michelangiolesco, dove l’oggetto trovato contiene già la forma, basta individuarla con un lavoro di indagine e liberarla dalle parti superflue. L’opera di Perna risponde perfettamente a queste basilari indicazioni di accorpamento e fusione che sono riferibili al colore, il quale si unisce per poi fondersi con la rete sintetica. Proprio il colore acrilico, attraverso il processo del travaso diretto da barattoli sulla rete e trattato talvolta con le mani, e senza l’ausilio di alcun strumento usato in pittura, prende corpo e soddisfa la propria necessità di essere forma. Il rinvenimento, invece, è associabile all’iniziale sagoma prestabilita e attentamente studiata da Perna, atta ad accettare le micro cellule di colore che andranno ad insinuarsi in maniera quasi imprevedibile tra la tramatura sottile della rete.
Non tutti i comportamenti del colore sono comunque scontati, ma l’ingegno dell’artista sta proprio nel prevedere il flusso dello stesso sulla superficie preposta ad accettarlo e ad anticipare l’unione delle diverse cromie analizzando i vari comportamenti di copertura, accettazione e fusione delle stesse. Risolto il problema tecnico l’artista finalmente si sveste dalle regole e schemi ai quali deve sottostare durante lo svolgimento della sua normale attività lavorativa, completamente distante dal mondo dell’arte, e da sfogo alla propria creatività facendosi travolgere dallo stesso flusso del colore, dalle parole o musiche che in quel momento gli sono più confacenti. Nasce così l’opera come espressione indiscussa di uno stato d’animo del momento e sottende al sentire più riposto, il “palpitare” delle emozioni e delle sensazioni quelle meno afferrabili, ma estremamente presenti e persistenti. Il riferimento all’anima di solito è proprio per definire il nostro provare più profondo o sentimentale e delicato. Si toccano dunque rime di emozioni intime, attraverso una catarsi inondante e prorompente che risponde essenzialmente ad una necessità di esprimere al meglio ciò che si sente. Di certo Perna è riuscito in tutto ciò e può vedere pienamente soddisfatto il suo intento, ossia quello di aver segnato una profonda traccia nella storia dell’arte attuale. Con stima
Dott.ssa Raffaella Ferrari