Enzo Gobbo pittore e scultore bellunese è legato profondamente alla natura che lo circonda e alle essenze che essa dona. Le sculture eseguite perlopiù in legno di ciliegio, cirmolo e pero esprimono un modo del tutto personale di fare scultura e la sua missiva è quella di destinare ai fruitori l’opera di salvaguardia dell’ambiente che lo circonda. Le sculture eseguite in legno, materia eternamente viva, incostante e imprevedibile, sotto la sua guida esperta, accettano di essere sagomate attraverso una modellazione precisa e ponderata. L’artista raggiunge stadi di informazione altamente comunicativi, nei quali lo scalpello scorre e incide in modo carezzevole e al tempo stesso deciso, estraendone le peculiarità morfologiche della materia e prospettandone le componenti tipiche del suo idioma. Gobbo rappresenta ciò che a lui ha dato un’emozione o evoca un personale ricordo, per questo il suo legame nei confronti del mare o il semplice affetto che nutre per il suo gatto domestico, diventano i soggetti principali del suo percorso scultoreo. Tali temi così sviluppati si contraddistinguono per autenticità e spontaneità e grazie a ciò l’artista raggiunge una personale e avvincente armonia nel e con il mondo.
A volte, per trovare la chiave di sol da cui partirà lo spunto e l’inizio per sviluppare arte, basta affacciarsi fuori dalla porta di casa per essere invasi e rapiti da ciò che la natura ci offre. Non sempre è necessario ricorrere a complicati ragionamenti o autoanalisi profonde, importante è emozionarsi davanti alle cose che, seppur presenti alla nostra vista ogni giorno, esse lì ferme e immote, timide e silenti, ci sono. Enzo Gobbo si emoziona ininterrottamente alla vista delle sue dolomiti, corona imponente che avvolge il suo paese e sviluppa il suo ideale estetico sviscerando, a mezzo della pittura ad olio, fraseggi e gallerie inesauribili restituente le amate montagne e scorci di paesaggi accarezzati da profonda emozione e stupore personale. L’artista sfoggia e destina un dialogo nascosto di silenzi e suoni propri delle montagne, dove la luce, l’aria cristallina e i profumi, sono una sorta di lettura intradermica di ciò che il soggetto rappresentato è, e di ciò che è rimasto nella “pelle” dell’artista ogni qualvolta egli s’avvicina al soggetto poi ritratto. La pittura di Gobbo esibisce e sostiene, attraverso la forza del colore e l’esplicarsi della luce, il peso del sentimento e delle emozioni provate durante le giornate trascorse in mezzo alla natura e contornato amorevolmente dalle montagne. S’intuiscono nelle macchie di colore addolcite da lontani caseggiati, campanili, i sentimenti della forma quasi completamente perduta. La forma è una nostalgia di quello che ha visto il pittore e, di quello che ha visto, sono trattenute delle segnalazioni nei frammenti cromatici. Le composizioni e improvvisazioni così ottenute, testimoniano una lingua pittorica che impone una nuova organizzazione degli elementi cromatici, in armonia contemplata con il mutare delle ore e delle stagioni rappresentate. L’artista parte dall’immagine naturalistica, con riferimenti alla morfologia della natura e dell’architettura, per poi arrivare ad un’espressione tutta mentale, data da ritagli di forme inseriti in campi e macchie di colore del tutto personali e contemplati nella intima emozionalità. Euforia leggera quella di Gobbo protesa a raccontare sogni e catturare memorie per respirare nella materia i pensieri dell’essere e dar forma ai personali silenzi.
Raffaella Ferrari