Anima nell’arte, vita per l’arte. Pittura come mezzo per accedere al mistero di Dio. Per trarre qualche raggio di luce del suo regno e intrappolarlo in maniera emblematica nelle tele.
Ulisse Salvador, pilastro della pittura contemporanea veneta, è un altissimo esempio di una vita dedicata all’arte e all’amore per la materia.
Diplomatosi alla Scuola di Disegno di Cittadella, frequenta successivamente per tre anni a Bassano lo studio dell’artista Bortolo Sacchi.
Fondamentale, nel 1943, l’incontro con Bruno Saetti. Dal grande Maestro apprende con entusiasmo la tecnica d’affresco interpretandola in maniera libera e del tutto personale.
La grande passione per l’arte di Salvador si fa sentire già in tenera età. La sua sperimentazione inizia con l’uso della creta per poi raffinarsi in altre tecniche artistiche come olio, tempera e disegno.
I temi sviluppati dall’artista sono vari e vanno dai ritratti, alle meravigliose maternità cariche di pathos e misticismo, ai paesaggi dedicati alla sua amata terra, alle marine e alle nature morte per poi giungere negli anni settanta all’esecuzione di affreschi rappresentanti i muri veneziani.
Vorrei soffermarmi proprio su queste ultime opere.
Il tema unico sviluppato dall’artista sono proprio solo i muri. Non c’è traccia di acqua, non c’è traccia di cielo, la prospettiva è appena accennata grazie alla presenza degli arricchimenti architettonici dati da bifore, trifore, portali e rosoni. Il disegno è subordinato al colore.
Questi simboli gotici, insieme ad altri meditati inserimenti, ci rimandano la visione di un’antica Venezia che, tra 1300 e il 1500, ha vissuto un periodo di grandissimo splendore e ricchezza.
Di questo periodo della Serenissima, purtroppo, non rimane traccia. Su questo Ulisse scatena la sua incontenibile fantasia, qui mette la sua traccia segnica, qui personalizza la sua cifra pittorica fine e mai scontata.
La nostalgia è celata costantemente in queste composizioni.
La presenza del bianco è un tocco di luce che dona all’impianto una nota onirica, un respiro profondo d’aria e di mistero.
La lunga e grandissima esperienza del maestro può permettersi l’agio di pensare e di ripercorrere con la mente le antiche contaminazioni d’oltralpe, visibilissime, e nota dei preziosi inserimenti delle formelle ubicate nei portoni dell’entrata della Basilica di San Marco.
Su questi ricordi Ulisse ricama le sue immagini, fatte di pura immaterialità, che come fantasmi del passato vanno ad impreziosire gli affreschi dei muri di Venezia, caricandosi di un’emozione lirica e affettiva vivissima.
L’estro inventivo di Salvador non si placa. Nelle sue composizioni inserisce le nature morte in primo piano, mentre i muri di Venezia andranno ad arricchire e a fare da sfondo alle nuove atmosfere irreali prodotte dall’artista.
L’opera, zeppa di ritmi e di colori, si carica anche di profumi. Trapela l’odore della salsedine, il profumo della frutta, la fragranza del vino, la palpabilità e acquosità della polpa dell’anguria, la consistenza e freschezza della zucca, l’inebriante profumo dei fiori, la prosperità del melograno.
La pittura di Salvador è atta a restituirci la densità, la temperatura e la luminosità di un luogo mai visto, ma da noi perfettamente conosciuto.
Grazie al suo impegno l’artista stuzzica in chi guarda e s’immerge nelle sue opere l‘atto della libera interpretazione.
La forza di Salvador sta proprio in questo: nel regalarci immagini solennemente eterne e apparentemente immote, in qualche modo ermetiche, quasi a voler custodire per sempre ciò che l’arte ha significato per lui e ciò che lui ha significato per l’arte.