LUIGI BROLESE.

LUIGI BROLESE

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L’Alchimia dell’Elevazione

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Raffaella Rita Ferrari – critico dell’arte e curatore

Abbiamo tutti un doppio, una maschera nascosta che indossiamo quando ci sentiamo insicuri o vulnerabili, ma ricorda, anche dietro la maschera più opaca si nasconde una luce pronta a brillare.’ Oscar Wilde

L’Arte, per essere compresa appieno, richiede una lettura attenta delle simbologie che fa emergere o nasconde il mistero. Queste simbologie sono i segni talvolta intuitivi che l’artista incorpora nel suo lavoro e che, attraverso essi, formula un nuovo mezzo di comunicazione profonda, un linguaggio che trascende le parole, per esplorare in modo autentico: emozioni, idee e concetti. Gli artisti, oltre ciò, spesso operano guidati da ideazioni e stimoli che solo successivamente comprendono appieno. Questo processo creativo può derivare da influenze culturali, esperienze personali o archetipi universali, che rivelano molto, non solo sull’opera, ma anche sul suo creatore o sul contesto storico personale e collettivo in cui è stata realizzata e concepita. Così, l’Arte concettuale, cela l’arcano insondabile della ricerca dell’Io, dell’Anima, per svelare l’essere umano nella sua totalità e nudità, tolte le maschere convenzionali. Molte sono le ‘passioni’ che l’artista esprime, e guai se non ci fossero! Per trovare terreno fertile nella creatività, questi sentimenti devono essere intensi, come: il desiderio, la gioia, il dolore esistenziale o la sofferenza, essendo essi stessi le emozioni più elevate che l’uomo possa sperimentare, diventano al contempo il paradigma e il banco di prova di tutta la grande Arte. L’artista ha così la fortuna di potersi esprimere perché possiede i mezzi per farlo! Come uno specchio che riflette ciò che siamo attraverso gli occhi degli altri, l’Arte diventa un mezzo per sostituire l’uomo, offrendo un confronto in uno spazio più intimo e personale. In questo modo, si crea una perfetta alchimia, dove l’esterno e l’interno si fondono armoniosamente, rivelando la profonda connessione tra l’Anima e il mondo circostante. Nel percorso artistico di Luigi Brolese, questi concetti trovano una particolare espressione grafica. Le sue opere non solo incarnano valori e desiderio della ricerca dell’Io, ma ne fa mezzo per capire chi ci circonda o quante maschere dobbiamo togliere per trovare noi stessi; nel percorso verticale, invece, che ci eleva dall’essere terreno alla spiritualità, riesce a penetrare le lezioni nascoste nel Cuore che risiedono nell’esperienza. L’autore così comprende di sé ciò che era precedentemente inaccessibile, affrontando ‘liturgicamente’ la sua storia da una prospettiva completamente nuova. Comprendere se stessi, come suggeriva l’oracolo greco, è un passo necessario e il primo del Sapere, in quanto il mistero supremo risiede dentro di noi. Brolese nella attuale ricerca segnica e iconografica concentra il traguardo della sua lunga sperimentazione che come risultato vede emergere due simboli/concetto: la verticalità e la maschera, resi attraverso le ragionate spatolate, seguite poi dalle sottrazioni di materia, evidenziando così un’esperienza artistica dinamica, sempre aperta a nuove letture e comprensioni, da cui parte la ricerca di un equilibrio interiore per trascendere quell’armonia universale che porta ad esplorare il subconscio e la psiche umana. In questa realtà misteriosa dunque e fuori dagli schemi convenzionali, le nostre facciate o maschere subiscono una profonda trasformazione che avviene oltre il piano fisico. Questo processo di metamorfosi svela un caos interiore che, attraverso l’alchimia spirituale, si organizza in un nuovo ordine, rivelando un’evoluzione e una crescita dell’essere. Le orbite mutanti, graffiate, delle maschere di Brolese diventano così un’iconologia dell’inconscio, una dimensione fantastica e primitiva che, sebbene alternativa alla realtà sociale, racconta stati d’animo, tensioni logiche e illogiche di un problematico confronto con la Vita. Le strutture verticali, riconducibili ai totem o agli antichi pilastri cerimoniali, invece restituiscono il dinamismo al racconto e conducono l’occhio verso una ascesi che lo porta a ricercare la continuazione della narrazione in un altro quadro o nel proprio intimo. Le maschere invece, quali presenze onnipresenti, sono simboli di una serie di stati d’animo vissuti, si presentano nella loro fissità, celando i veri tratti delle individualità dietro pochi tratti incisivi, quasi elementari, ma è nella sintesi, nel togliere, alla fine, che esce il concetto. Cosicché la dualità tra dimensione esterna e interna del nostro artista, tra accenni morfologici e segni anatomici, genera quella tensione che rivela il mistero svelato della vera essenza dell’Arte e della sua visione. Il nesso tra verticalità e maschere primitive così risiede nella comune funzione di alludere e facilitare la connessione con dimensioni spirituali e identitarie più profonde. Entrambi gli elementi utilizzano il linguaggio visivo per esprimere concetti di elevazione, potere, identità e trasformazione, creando un ponte tra il mondo fisico e quello spirituale, tra il presente e il passato ed un probabile ‘oltre’ futuro, superando barriere temporali e spaziali per facilitare la comunicazione di significati universali. La verticalità è anche associata al concetto di transizione e trasformazione, in quanto ogni giorno siamo diversi da ieri e Brolese, questo eterno passaggio, lo permea in ogni quadro. Le maschere primitive invece, cui sembrerebbe ispirarsi, sono strumenti di metamorfosi che permettono a chi le indossa di attraversare confini tra diverse realtà e stati dell’essere, un’ascesa o una discesa simbolica in cui avvengono nuove comprensioni degli stati di coscienza. Ma in tutto ciò c’è una regista suprema e che unisce tutto, la Natura. La pittura di Brolese dunque, non è solo un mezzo espressivo, ma una finestra aperta sui segreti dell’Anima, un invito ad apprendere e distinguere quell’inconoscibile parte autentica che è dentro ognuno di noi e in tutte le cose.



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