DIEGO VALENTINUZZI
“LA VITA OLTRE LA VITA”
Diego Valentinuzzi, dopo aver concluso i suoi studi superiori presso l’Istituto Superiore Professionale di Stato Arti e Artigianato, frequenterà assiduamente il pittore romano Giordano Giuria dal 1974 al 1976. Tale incontro lo porta, fino al 1976 , ad una assidua frequentazione della capitale, dove approfondisce la sua formazione artistica maturando diverse esperienze compresa quella dell’arte rivolta alla cromatologia.
Negli anni sperimentò la materia e lavorò, sempre con la stessa curiosità del principiante, su materiali come: plexiglass, stampi metallici ottonati, carte da parati, cartine trasparenti, questi materiali andranno a completare, ornare o ad arricchire la base del suo lavoro che si sviluppa con colori a olio o acrilici stesi su supporti adeguatamente preparati. Questa plurima stratificazione di materiali, oltre ad essere eseguita con coerenza e fissità professionale, dona alle opere quella giusta resistenza per mantenersi all’usura del tempo e creerà mano mano piani di spessori che daranno alle creazioni nate il senso della terza dimensione. La quarta dimensione viene assunta dai quadri dall’emozione toccante che traspare in particolar modo dalla scelta dedicata agli azzurri.
Nei cicli passati ritraeva Venezie surreali sospese tra cielo e terra, grandi bottiglie di coca-cola che rompendosi facevano fuoriuscire, in Piazza San Marco, una grande abbondanza di liquido e di visitatori, le bellezze ecologiche con foglie verdi, questi erano cicli che funzionavano, richiesti dai galleristi ed amati dai fruitori. Successivamente Valentinuzzi azzardò e volle creare quel qualche cosa che nutrisse ancor più l’interesse di chi lo seguiva, nacque così il IV ciclo sulle ceneri dei cicli precedenti, di ognuno mantenne alcune caratteristiche che lo contraddistinguevano.
Tutti i quadri sono progettati sulla carta, il bozzolo dell’archetipo viene così preparato, durante l’esecuzione non sempre l’artista mantiene fissa l’idea primigenia, ma alcune volte si lascia andare all’attimo creativo.
Gli azzurri di Valentinuzzi sono il trait d’union di questo ciclo pittorico ed elevano le combinazioni figurative e tutto il fraseggio compositivo ad una liricità d’altissimo spessore. In questo ciclo pittorico la figura femminile è onnipresente, quella donna che ritrae l’artista è desunta, estrapolata e qui risorta da polverose tele della storia dell’arte moderna dall’epoca che va dal rinascimento fino all’800.
Valentinuzzi, con la delicatezza del pennello che accarezza il supporto, crea la forma e le dona nuova vita. All’interno del quadro inizia così a svilupparsi la costruzione di un dialogo pittorico che vedrà la donna l’elemento di partenza da cui sviluppare tutta la narrazione dell’opera. La donna è anche il punto sostanziale da cui tutto si genera, grazie a lei ci si può proiettare verso quel ponte di congiunzione tra passato e futuro, un ponte immaginario che si spinge verso l’eternità. Nasce così nel grembo dell’idea uno scambio di energiche e sensuali scorse atte a rapire l’astante che vorrebbe forse rifuggire da quel canto di sirena dato dagli intrecci di sguardi nutriti da un’intensità raccapricciante, ma è da lì che inizia il tutto, questa fissità degli occhi affattura l’attenzione del fruitore, conseguentemente le muse dell’arte ritratte lasceranno lo spazio allo svolgersi di una galleria di decorazioni o paesaggi costruiti su dettagli architettonici del futuro e che manterranno una funzione più decorativa o esplicativa. Gli spazi urbani, per lo più frutto di una fantasia recondita nell’immaginario dell’artista sono proiettati in un futuro tecnologico, asettico e perfetto nella sua struttura. Questi circuiti, il vecchio e il “nuovissimo”, si compenetrano e aiutano ad evidenziare lo scorrere imperturbabile del tempo, il ticchettio dello scorrere delle ore è figurato da inserimenti geometrici, quasi volessero assorbire e direzionare lo slancio dell’energia verso il futuro. Proiezioni, cerchi, frecce, triangoli rispettosamente si mostrano con i personali colori, essi, nonostante non rispettino gli studi del grande maestro Kandinskij dove nel libro “Punto Linea e Superficie”, fornisce una formulazione teorica ai risultati delle proprie ricerche allargandone il significato e toccando tutti i piani dell’esistenza, raggiungono un piacevole equilibrio e connotazione all’interno dell’impianto artistico di Valentinuzzi. Sfera o cerchio rappresentano il ciclo della vita, tutto torna in una sorta di moto perpetuo, tutto muore e rinasce, come l’arte che costantemente viene ripescata e rielaborata. I giochi geometrici uniti ripetutamente rappresentano la città ideale come se il passato si affacciasse al futuro e ne rimanesse esterrefatto. I cerchi possono essere interpretati anche come sfere contenenti nuove idee, lo scrigno prezioso della creatività umana e il loro vagare in una sorta di moto perpetuo nelle tele, rappresenta la ricerca di utopie ed emozioni.
Le varie inserzioni che vengono immesse sovente nei quadri rimandano ad un aggancio incisivo alla contemporaneità, vengono così depositati in rassegna i simboli più leggibili delle correnti contemporanee più amate dall’autore: pop art, optical art, dadaismo, surrealismo, citazionismo, metafisica, arte cinetica. Questo passaggio attraverso le correnti artistiche narra temi attuali e fa breccia direttamente al consumismo e all’importanza esagerata che si dà all’immagine esteriore ai giorni nostri sacrificando ahimè la potenzialità dello spirito e dell’intelletto.
I richiami fondamentali ai drappi e trasparenze di Caravaggio, come alla natura morta con frutta, sono chiari simboli di rispetto verso i grandi maestri, ma anche un modo di dimostrare ai fruitori che l’arte di Valentinuzzi è un’arte che parte comunque da un impianto accademico.
I colori primari raramente vengono inseriti, Valentinuzzi racchiude nella ricerca del colore nuovi cromatismi che per caduta o “rimpolpamento” di tono si accostano armoniosamente al colore dominante, l’azzurro.
Ma perché la scelta dell’azzurro? L’azzurro secondo Valentinuzzi è il colore che ci circonda, aria, cielo, acqua, lo usava già nel passato ciclo di pittura. Interessanti sono anche gli studi e i conseguenti risultati depositati sulle tele rispetto all’uso della serigrafia, interessante è anche l’uso dei colori fluorescenti, un chiaro richiamo ai graffiti che decorano la città metropolitana.
Ciò che interessa al pittore è che la sua sia una pittura non complessa, facile da capire, veloce da intuire, piacevole da vedere e che il messaggio venga dapprima trasferito dal colore e poi da tutti gli altri componenti.
La dimensione onirica sospesa tra fantasia e realtà, tra il nuovo e l’antico, gli inserimenti multipli e i continui richiami ai maestri del passato, vengono incrementati da giochi di provocazione atti a produrre le libere fantasie del fruitore. Basti pensare al riferimento erotico sollecitato dall’inserimento di sole labbra e dei loro movimenti provocanti ed invitanti, o i rossetti, o le pose delle muse alleggerite e abbandonate sul supporto in una statuaria immobilità quasi a voler contrapporre un limite d’intoccabilità.
Valentinuzzi tesse la tela fatta di simboli, allusioni e ironia e ci offre, sul piatto d’argento, il suo personale abbecedario artistico dove sottintende riflessioni e dov’anche introduce metafore interiori, sta a noi poi farci rapire dal viaggio che più desideriamo fare all’interno del suo narrare.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte