Marcello Caporale
Marcello Caporale nasce a Udine nel 1966. Sin da giovanissimo frequenta Atelier d’arte, dove inizia a conoscere le varie tecniche artistiche e da dove principia la sua sperimentazione.
E’ stato recensito da critici nazionali e internazionali e ha partecipato ad innumerevoli mostre collettive e personali sia in Italia che all’estero.
La sua arte è stata particolarmente apprezzata in Croazia in Croazia, dove nel 1995 ha ottenuto una segnalazione speciale della critica, per poi ottenere ottimi risultati e riconoscimenti a Salisburgo, Parigi, Budapest, Stoccolma, Hong Kong, Copenaghen, etc…
Fa parte di alcune importanti associazioni tra le quali: AURA (Associazione Artistica Culturale del FVG) ed ITALIARTS (Artisti Italiani Contemporanei).
Le sue opere, acrilici su tela, su carta o tavola, vivono una loro inconfondibile e del tutto originale particolarità. L’artista racchiude la personale cifra espressiva in un’unica parola: “Neuroforme”. Ed è proprio da qui che si può far partire un’indagine approfondita del messaggio dell’arte di Caporale, ossia da ciò che risiede e si nasconde nel suo personale subconscio. Un’arte psicologica data da slanci creativi, istintivi che dissetano e soddisfano particolari momenti intensi della vita.
Le forme depositate dal Maestro sulle tele molte volte sono racchiuse in forme geometriche pure come: cerchi, quadrati, rettangoli, all’interno delle quali si snoda un fraseggio di personali sospiri di vita. A volte le forme che nascono sono l’unione di segni nervosi che danno vita a ben bilanciate esplosioni di colori, altre volte le linee incrociandosi danno vita a figure desunte da un personale “bestiario” dell’arte, come elementi della natura, immagini animalesche o umane, tutto dipende da quell’attimo in cui per l’artista diventa fondamentale esprimere i propri sentimenti di getto, usando l’arte come abbecedario del proprio messaggio.
Luce e colore, nelle opere del maestro sono i protagonisti indiscussi. Trovo particolarmente interessante l’armonia che Caporale insegue nelle sue composizioni, armonie date dal giusto bilanciamento tra colori freddi e caldi e il loro intrigante intreccio. La luce, data dai colori caldi, offre alle opere quell’attimo di suspence nella lettura, nella ricerca da parte del fruitore del messaggio dell’arte da decriptare. Il fil rouge tra artista e fruitore così s’instaura. Molti critici hanno associato lo stile pittorico dell’artista a correnti dell’arte contemporanea a partire dagli inizi del ‘900 come: futuristi, post-cubisti, cubisti, fauve, surrealisti onirici, e a grandi figure come Matisse e Mirò, ma io trovo che, nonostante alcuni accenni possano aver “intaccato” lo stile del maestro, esso in realtà ne abbia fatto solo tesoro, per poi procedere autonomamente nel personale percorso dedicato alla sua grammatica artistica. Il discorso enunciato dalle opere di Caporale, forse troverebbe sbocco positivo attraverso la lettura psicoanalitica personale, discorso che abbozza con tanta forza, distrugge e rilegge momentanei stati d’animo, dove indubbiamente si addolcisce nelle forme tondeggianti, mentre urla quando le stesse forme assumono impianti acuti e spigolosi.
La stesura del colore oltre ciò, a volte più corposa, altre invece più piatta e liquida stimola nel fruitore un’indagine tattile e l’attira a se. Questi schematismi compositivi si depositano come lettere scritte su di un supporto cartaceo che contiene in realtà u’autobiografia criptata dell’autore e, se essi potessero parlare si potrebbe realmente ricostruire ciò che l’autore ha realmente vissuto. Mi piace ricordare una frase scritta dall’autore Carlo Sgorlon:”La nevrosi si legge subito negli occhi mansueti e ansiosi di Caporale, nel suo aspetto di ergastolano che dipinge per reagire contro il bizzarro bagno penale della vita, prigione senza scampo, da cui si può evadere soltanto attraverso la porta custodita dalla nera regina del mondo”.
Raffaella Ferrari
Critico d’arte